Siamo ritornati alle origini per il carimento foto e va beh…  Per quelli che magari vedendo l’intestazione del mio blog si chiedessero: "Ma chi cavolo è Peter Gabriel?" Eccolo qui: questo è il mio artista preferito. Sono diciannove anni che lo seguo tra gioie MOLTE MOLTISSIME MOLTèRRIME e disperazione per un disco atteso per 10 MALEDETTISSIMI  ANNI. Adesso sono di nuovo in perenne attesa per un nuovo disco. Lui dice un sacco di cose nell’intervista ma poi come al solito non esce mai nulla. Tanto per farvi capire cosa provo:

Estate 1986, immaginatevi una ragazzina di dodici anni pigramente adagiata su un divano-letto, che prova a combattere il calore rovente in ogni modo, persino appisolandosi di tanto in tanto, con la fidata radio accesa. Ad un tratto le mie orecchie si tendono a percepire una nuova canzone di Kate Bush, la beniamina dell’epoca: un toccante duetto con una voce maschile a me perfettamente sconosciuta. Dopo varie peripezie alla ricerca di uno speaker che annunciasse il brano, riesco a conoscere il titolo del motivo: “Don’t Give Up”. Iniziano affannose ricerche per scoprire in che disco si trova, ma è mio fratello a risolvere l’arcano, arrivando a casa con un LP dalla copertina in bianco e nero, con sopra la faccia di un trentaseienne dal fascino discreto e le scritte: Peter Gabriel “So”. Mi dico: “Ok, d’accordo, ascoltiamolo. Se mi piace, bene, se non mi piace mi registrerò solo la canzone…” Sono bastati i primi accenni di hi-hat all’inizio di Red Rain per farmi capire che mi trovavo di fronte a quello che stavo cercando da quando avevo iniziato a sentire musica, all’incirca tre anni prima. Da allora sono caduta per sempre nella rete tessuta da questo sciamano moderno, da quest’ultimo artista rinascimentale (parola di Robert Lepage); sono passati diciotto lunghi anni, e a ripercorrerli tutti per intero, quasi stento a crederci. Sorrido mentre ripenso a quando – avevo tredici anni – mi sono dipinta sul volto la maschera da scimmia del tour 83; a quando sono rimasta alzata fino alle sei del mattino per ascoltare un suo concerto alla radio…E sono restata a casa il giorno di Pasquetta solo per poter assistere ad un festival in cui il Maestro avrebbe partecipato; ho ricercato tutte le registrazioni di canzoni allo stato embrionale, oppure inedite e comparse solo su singoli effimeri e oscure colonne sonore… Rido beata al ricordo di come mi sono scatenata durante i concerti, cantando ogni parola come se fosse un’altissima missione da compiere. E, forse per la prima volta, provo la sensazione di far parte di una grande comunità, un’accolita di gente altrettanto appassionata e meravigliosa. Una sensazione acuitasi in questi anni, dopo l’avvento di internet, mentre mi ritrovo ad intavolare discussioni nelle varie liste telematiche, senza mai dimenticare il periodo in cui era difficile, se non impossibile, riuscire a trovarci e a mantenere stabilmente i contatti fra di noi. Sorrido divertita quando tutti gli altri, i non-gabrieliani, scuotono la testa e ti considerano un alieno perché non riescono a concepire come si può continuare ad aspettare per dieci anni, con un tormento e una sofferenza indicibile, la pubblicazione di un nuovo disco…e tutti ti esortano a lasciar perdere, a non crederci più in quella fatidica uscita. E tu insisti nell’aspettare con la fiducia di un bambino. Ogni volta che ascolto un suo nuovo disco e mi trovo vicino alla sua fine, ho il terribile presentimento di esser giunta al termine in uno splendido viaggio che dovrebbe e potrebbe continuare in eterno. Tutti noi fan ti preghiamo, Mastro Peter, facci viaggiare ancora. Non disferemo mai i bagagli…

Capito cosa intendo dire? Ah ebbene si quella sono io quando ero giovane e matta. Adesso sono solo un pò più vecchia. E se ne avessi l’occasione mi ridisegnerei la stessa maschera…

(Foto levata per motivi di privacy)

Pubblicato da krishel

Appassionata di musica, cinema, letteratura, scrivo solo per passione quello che mi passa per la testa.

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