Depeche Mode – Memento Mori – commento a caldo

Tempo fa avevo fatto una considerazione sui tempi che passano e su band che io ho amato tantissimo e che, all’epoca, avevano fatto uscire il nuovo disco. In uno di questi, per la precisione Spirit, avevo fatto questa considerazione che copio e incollo: “Ci sono delle volte in cui mi chiedo se i miei gusti riguardanti la musica stiano invecchiando, oppure sono alcune delle band che ascoltavo prima e che oggi non riescono a essere più incisive come lo erano una volta.” Sono riuscita ad avere una risposta a questo mio grande quesito e ve la dirò alla fine di questa mia  raccolta di considerazioni a caldissimo, scritte mentre ascoltavo Memento Mori, ultima opera in ordine di pubblicazione dei Depeche Mode. Non vuole essere una recensione, quanto più una raccolta di pensieri sparsi. Forse scriverò una recensione per Over There quando l’avrò ascoltato più volte, o forse no. Devo capire ancora. Iniziamo:
My cosmos is mine è un brano dalle tinte oscure, come nella migliore tradizione della band. Adoro il contrappunto di voce di Martin Gore in sottofondo a un ipnotico David Gahan che canta di una forte affermazione personale: non cercate di invadere il mio spazio personale i cui limiti sono stati ben tracciati. Quello che appartiene al mio mondo interiore è solo mio e non vi riguarda. L’incedere è lento, elegante, scandito da una corposa ritmica elettronica.
Wagging Tongue: Scritta in collaborazione da Martin Gore e Dave Gahan, anche qui i synth in evidenza, la fanno da padrona e ci riportano indietro al loro passato. Bello il finale molto blues.
Sin dal primo ascolto Ghost Again mi ha spiazzato onestamente parlando. Per mia opinione personale, continuo a pensare che forse sarebbe venuta meglio cantata da Martin Gore. Con le sonorità mi riportano in mente Sounds of the universe, tanto che ci sarebbe stata benissimo al posto di altre meno belle. Ci sento anche echi di Enjoy the silence o di Precious. Il video poi è meraviglioso, con una citazione cinematografica davvero molto raffinata. Complimenti.
Don’t say you love me: qui invece la voce di Gahan è perfetta. Comprendo chi ha tirato fuori Songs of Faith and devotion perché effettivamente l’incedere e il tipo di pezzo lo ricorda parecchio. E’ un brano intenso e drammatico, in un certo senso.
My favourite stranger è un brano interessante, cattura immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore.
Questo brano in particolare con il suo incedere che varia e la strumentazione elettronica che crea un’ambientazione che è esattamente la traduzione in musica del titolo. “Some perfect stranger/ Speaks when I speak /Walks in my footsteps/ And talks in my sleep” decisamente inquetante, graffiante ma ti si insinua sotto pelle. I like it.
Finora noto una cosa positiva: non mi sorge il violento desiderio di fare lo skip dei pezzi. Tutto ciò che ho sentito mi ha intrigato o mi ha attirato l’attenzione e non è una cosa semplice ma qui c’è davvero tantissima roba.
Soul with me: la dolce voce di Martin Gore che ci accarezza, suadente. “I see the beauty/As the leaves start falling/ Follow the light/Towards the voices calling/ I’m going where the angels fly”
Queste sono le parole di qualcuno che ormai ha accettato il fatto che deve lasciare questo mondo. Tutto ormai ha cessato di importanza nell’ora finale:
“I’m ready for the final pages/Kiss goodbye to all my earthly cages/I’m climbing up the golden stairs”
Ha delle tinte dolceamare, come è giusto che sia.
Caroline’s monkey: questa richiederà parecchi ascolti prima che possa dire che mi piace o meno. Ci sono delle cose interessanti dal mio punto di vista: il chorus Gahan/Gore, per dirne una ma è il primo pezzo che non mi convince del tutto onestamente parlando.
Before We Drown: conosco un artista, che non ha mai nascosto il fatto che. tra le sue influenze in materia musicale, ci sono anche i Depeche Mode, che su questo brano farà un ampio sorriso. Perché si è fatto il giro, secondo me. Non faccio nomi ma io che sono appassionata di entrambi, ho fatto un bel ghigno. E’ un brano molto retrò anni 80. Davvero molto bello e succoso. Sono suoni questi con cui, in un certo senso sono cresciuta durante la mia adolescenza.
Tematicamente sembra la crisi di una relazione o, meglio, qualcosa non va, i due si sentono distanti e si vorrebbe in qualche modo riparare, parlando. “First we stand up, then we fall down. We have to move forward, before we drown” La consapevolezza di dover trovare un terreno comune da dove ricominciare per non annegare. Qualcosa che ha a che fare con la band stessa? In fondo hanno perso un membro importante, Andrew Fletcher, che era, per stessa ammissione degli altri, il collante. Ritrovare un equilibrio non sarà una questione tanto semplice, lo so per esperienza personale.
People are good inizia a bomba, tanto che mi ha fatto saltare dalla sedia. E’ un brano disilluso. Vorrebbe tanto credere sulla bontà delle persone che, quando fanno del male, hanno i loro problemi o capita di fare un errore ma… “People are good/keep fooling myself /That everyone cares“… E, onestamente parlando, non posso dargli torto.
Always you: un canto d’amore dall’incedere sensuale e romantico, nonostante i suoni retro 80. Il mondo sta cadendo a pezzi ma per fortuna ci sei tu che mi aiuti ad affrontare tutto quanto.
“𝐴𝑛𝑑 𝑡ℎ𝑒𝑛 𝑡ℎ𝑒𝑟𝑒’𝑠 𝑦𝑜𝑢
𝑇ℎ𝑒𝑟𝑒’𝑠 𝑎𝑙𝑤𝑎𝑦𝑠 𝑦𝑜𝑢
𝑇ℎ𝑒 𝑙𝑖𝑔ℎ𝑡 𝑡ℎ𝑎𝑡 𝑙𝑒𝑎𝑑𝑠 𝑚𝑒 𝑓𝑟𝑜𝑚 𝑡ℎ𝑒 𝑑𝑎𝑟𝑘𝑛𝑒𝑠𝑠…”
Never let me go: uh cavolo, qui si sfocia nella new wave! Sembra di sentire pezzi dei Joy Division, il che ovviamente amo tantissimo. Dal vivo questo brano spaccherà a bestia.
C’è la speranza di trovare un po’ di luce dopo tanto dolore e tanta oscurità.
We will be beacons
Shining so bright
Like stars in the darkness
For lovers at night
Speak to me: nonostante i suoni siano ancora quelli retro 80, questo è un bel blues. C’è uno scambio tra due persone, l’invito ad aprirsi, a parlare. Alla fine tutto ciò che serve è ascoltare e non tutti sono disposti a farlo.
Speak to me, in a language that I can understand” quanti di noi non si esprimono per la paura di non essere compresi? Troppi.
Oh mamma il finale in crescendo… brividi intensi dietro la schiena.
La percezione è che, in questo disco, abbiano composto i brani per loro stessi, come se dicessero: siamo arrivati fin qui, non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno. Abbiamo il nostro stile e questo siamo, che vi piaccia o meno.
Ed è un bel disco, finalmente lo posso dire senza nessun problema.
Allora i miei gusti non sono poi così tanto invecchiati, dopotutto.

Pubblicato da krishel

Appassionata di musica, cinema, letteratura, scrivo solo per passione quello che mi passa per la testa.

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