Chiunque mi conosca, sa il mio profondo amore per i gatti. Queste fantastiche creature a volte buffe, a volte eleganti sanno regalarci momenti indimenticabili, anche quando questi non sono più nella nostra esistenza.
E’ anche noto che i turchi hanno un rispetto tutto particolare per questo animale, infatti se si cerca su internet potete imbattervi dei video in cui si vedono addormentati placidamente sui tornelli della metropolitana.
E, grazie alla mia socia Silvia, ho potuto mettere mano a questo bellissimo documentario dal sapore unico.
Kedi, gatto in lingua turca, è un documentario uscito nel 2016 diretto dalla regista Ceyda Torun che ci mostra la città di Istanbul attraverso la sua anima, come viene detto nello stesso documentario: i gatti appunto.
Il documentario mostra la vita e la personalità di sette gatti in particolare con le loro abitudini giornaliere, i loro giochi ma anche il rapporto con gli esseri umani che li accudiscono. Alcuni sono dei randagi veri e propri, altri invece sono gatti liberi ma vengono accuditi da gente generosa. Gente che trova uno scopo per la propria vita nel girare per la città e nutrire i gatti. E’ anche un modo per fare una seria riflessione sull’uomo, su come la città sta cambiando volto e sul senso della vita. Uno degli uomini afferma: chi non ama gli animali, non sa amare nemmeno gli esseri umani. Mi ha stretto il cuore ascoltare la storia di un uomo e una donna, in totale stato depressivo che sono riusciti a stare meglio andando in giro a nutrire una folta popolazione felina.
Il tutto viene raccontato con, in sottofondo, una colonna sonora incantevole composta da Kira Fontana.
I veri protagonisti sono i gatti, sette in particolare. Mi ha fatto ridere la storia di una gatta, il cui nome è Psikopat che è una vera gatta guerriera, che si fa rispettare dal quartiere – tanto che gli altri aspettano che lei abbia finito di mangiare per farsi avanti e prendere la propria porzione – e, soprattutto, non permette a nessuna gatta di avvicinarsi al suo compagno, scacciandole di malo modo. Oppure Duman, il gentiluomo, che non entra mai nel locale dove c’è l’umano che lo nutre ma si fa capire perfettamente quando ha fame.
Ed è anche l’occasione per vedere una città come Istanbul, la sua vita e soprattutto anche angoli che i turisti non vedrebbero sicuramente.
Insomma se siete amanti del Dio Gatto, come me, cercatelo. Lo amerete sicuramente.
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Penso che prima o poi leggerò quel libro perché sembra davvero interessante.
Guardalo quando senti di averne bisogno, come ho fatto io.
Ciao Simo, pensa che qualcosa del genere la diceva anche il nonno Nando, papà di mio papà, nonno che non ho mai conosciuto purtroppo.
La sua frase era:
“Chi fa male a queste creaturine, non farà mai del bene al mondo.”
Sono felice che tu l’abbia scoperto.
Devo vederlo pure io.
Mi hai fatto pensare al libro “I Gatti di Nizamuddin” di Nilanjana Roj…