Hunger Games la saga.

Premetto subito dicendo che sto recuperando una serie di recensioni che avrei dovuto fare da tempo ma che per vari motivi ho lasciato in sospeso. Cerco di mettermi in pari e non lasciar morire questo blog. Anche se mi piacerebbe vederlo più vivo e con più commenti. Nevermind.
Ho avuto modo di leggere il ciclo di Hunger Games, finalmente. Credo di non sbagliarmi di molto se dico che questo ciclo è stato il capostipite di tutta una serie di opere denominate “young adult” ossia dedicati alla fascia di età dai 15 intorno ai 20 anni. Ed è presto detto: i personaggi hanno quell’età.

In questo ciclo ci troviamo nella Terra del futuro, per la precisione il Nord America post apocalittico. Il vecchio governo non esiste più e al suo posto è sorto Panem. Protagonista è la sedicenne Katniss Everdeen, che vive nella nazione di Panem, divisa in distretti e governata da un regime totalitario con sede a Capitol City. In seguito ad un passato tentativo di rivolta, ogni anno da ciascun distretto vengono scelti un ragazzo e una ragazza per partecipare agli Hunger Games, un combattimento mortale trasmesso in televisione.E’ chiaro, lampante lo scopo dell’autrice: vuole criticare il mondo dello spettacolo e, nella fattispecie, i reality show che in America sono a livelli molto bassi umanamente parlando. Il primo libro ci serve da introduzione: ci fa conoscere Katniss, una ragazzina che da sempre è abituata a sopravvivere in un modo ostile dove il suo talento per la caccia con l’arco ha fatto spesso la differenza tra la vita e la morte. Nel giorno della mietitura lei è rassegnata, sente che verrà scelta come tributo per andare a combattere nell’areena. Con sua sorpresa viene sorteggiato il nome di sua sorella Primrose e Katniss si sente morire. Sa che la sorella non potrebbe mai sopravvivere e così si offre volontaria al suo posto. Assieme a lei viene prescelto Peeta, un ragazzo con cui Katniss sente di avere un debito in sospeso a causa di un episodio della loro infanzia. Katniss e Peeta vengono catapultati nel mondo mediatico degli Hunger Games dove è l’apparenza a far da padrona e dove ogni aspetto viene calcolato appositamente per la vittoria. Mentre stavo leggendo il libro ho avuto la sensazione che non tutto scorresse in modo appropriato. La Collins aveva tra le mani un’idea davvero micidiale, quella degli Hunger Games – metafora di reality show stile Survivor – e mi è sembrato che non avesse affondato bene il coltello nella piaga. Poteva essere molto più pungente e, a mio avviso, si è limitata a sfiorare la superficie della questione. Non sono poi riuscita a immedesimarmi del tutto nei personaggi protagonisti. Comprendo che il primo libro dovesse fare da introduzione al mondo degli Hunger Games ma è stata deludente. Ci sono qua e la degli episodi pregevoli, per esempio molto ben descritto il rapporto tra Katniss e Rue che poteva essere più approfondito. Lo stratagemma finale poi mi è sembrato un po’ tirato via.
Il secondo libro si riapre poco dopo la fine del primo libro. I vincitori tornano a casa, si godono la notorietà e la loro famiglia riceve un trattamento di favore di cui prima non godeva. E’ un anno particolare quello per gli Hunger Games: si tratta della terza Edizione della memoria. In questa edizione tutti i vincitori ancora in vita dei giochi devono fronteggiarsi a un duello all’ultimo sangue. Ho apprezzato molto come è stata disegnata l’arena e il fatto che abbia ideato l’orologio e le sue calamità. La cosa migliore del secondo libro è stato l’approfondimento di tutti i personaggi, compreso Haymitch che era rimasto in disparte. Si capisce cosa ci sia dietro al suo alcoolismo. Inoltre si cominciano a vedere i primi fuochi della rivolta. Snow sente che Katniss potrebbe costituire una minaccia per Panem e va a farle visita a casa per farle capire che non può nascondersi e che ha tutto da perdere se azzardasse a unirsi ai ribelli. E’ forse la scena che ho apprezzato di più in tutto il libro: è stata particolarmente intensa e inquietante e pone le basi per qualcosa che poi si vedrà nel terzo libro in maniera più esplicita. Alla fine del libro Katniss scoprirà che c’era un piano ordito da gente degli Hunger Games per salvarla. Lei è il simbolo della speranza per la rivolta contro Capitol City e contro Snow e quello che rappresenta. Peeta e altri, sfortunatamente non si salvano e vengono catturati. Il distretto da cui proviene Katniss è stato distrutto ed è Gale, suo vecchio amico di infanzia, a darle la brutta notizia. IL terzo libro si apre esattamente riprendendo le vicende del secondo libro.
Dopo essere stata salvata dai ribelli, Katniss insiste per visitare quello che resta del Distretto 12, bombardato da Capitol City per vendicarsi della sua fuga dall’arena. Circa novecento abitanti su diecimila del 12, tra cui Gale, Prim e la madre, sono riusciti a scappare prima del bombardamento e a rifrugarsi nel Distretto 13 che, a differenza di ciò che tutti pensano, esiste ancora, anche se si è sviluppato nel sottosuolo. Nel 13 la vita è organizzata giorno per giorno con un programma personalizzato per ognuno e, pur dovendo sempre sottostare agli orari i profughi degli altri distretti non si trovano troppo male. Prim e la madre lavorano nell’ospedale e tutti i ragazzi e le ragazze dai 15 anni in su ricevono il titolo di “soldato” e sono ammessi a combattere. Solo Katniss fatica ad adattarsi. Nonostante alcune cose molto pregevoli, il libro però si dilunga troppo su altre cose e diventa il peggiore della saga. Prima le cose pregevoli. Molto ben disegnata la capacità manipolatoria di Snow che ha fatto il lavaggio del cervello a Peeta – nel libro definito depistaggio – in modo che lui veda Katniss come un mostro e la uccida. Il capo della rivolta, Alma Coin, usa sistemi molto simili a quelli di Capitol City per far arrivare i propri messaggi. Manda Katniss nei vari distretti per registrare dei cortometraggi che dovrebbero essere di risposta a quelli di propaganda di Capitol City. Altra cosa positiva: Finnick e il racconto di cosa accadeva dietro le quinte degli Hunger Games. Mi ha letteralmente ghiacciato per la sua possibile verosimiglianza.
Inoltre molto bello il finale, c’è una sorpresa, un fatto che non ti aspetteresti. E introduco la prima e vera nota dolente. Invece di ammorbarci con la descrizione dei passaggi in ogni distretto e l’arrivo a Capitol City poteva ampliare un po’ di più la riflessione interiore che ha portato Katniss a quella decisione? Sarebbe stato davvero un bel colpo mostrare come lei avesse maturato l’idea che sotto sotto forse con la Coin al potere non sarebbe cambiato nulla. Ovviamente anche questo solo minimamente sfiorato.
Per cui il mio verdetto è: si fa leggere, tutto sommato è una saga che ha una sua validità e una sua ragione d’essere. Troppa carne al fuoco, idee folgoranti che avrebbero meritato di essere approfondite meglio.

Una risposta a “Hunger Games la saga.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.