Who am I? A Peter Bishop story

Altra fiction, stesso tema. Ogni volta dico che è l’ultima e ogni volta invece mi ritrovo a scrivere. Ovviamente se non siete in pari con la serie non leggete dopo il salto.

Capitolo 1
 

Nulla è come sembra. E’ il mio personale mantra, il mio motto di vita. Niente è come sembra. Ho passato un’intera vita immerso nella menzogna e tutto quello che chiedevo era la verità. Ho vissuto perennemente alla ricerca di risposte ma non ho trovato altro che domande.
Anche il riflesso dello specchio mi sta rimandando indietro un’infinita menzogna.
Quello non sono io, è solo una delle ennesime maschere che porto per girare in mezzo alla gente. Chi sono? Vorrei saperlo anche io. Un eterno mistero, una persona comune, uno incapace di passare inosservato. La mia arte? Sopravvivere, nonostante tutto. A dispetto di me stesso. Non sono speciale. Non sono speciale.
Io non lo sono! Un eterno vagabondo, ecco quello che sono. Un’illusione anche gli ultimi tre anni di vita. Speravo… non so cosa speravo. Una famiglia, un posto nel mondo, qualcosa che andasse oltre me stesso. Qualcosa in cui riconoscermi, finalmente. Tutto azzerato. Chi sono? Un’eterno estraneo ecco cosa sono. E’ tutto un’illusione anche credere che sia possibile trovare le risposte che cerco dentro di me.
Nulla è come sembra.
Ho osservato attentamente ma non c’è soluzione.
Nessuna assoluzione per quello che sono e per quello che ho fatto.
Cosa posso dire di aver davvero vissuto?
Cosa è reale?
Capitolo 2
I miei passi affondano nella neve. Non ho una direzione precisa da prendere, mi lascio andare all’istinto. E’ sempre stato così per una vita intera. Non ho  mai ponderato le mie azioni, ho sempre lasciato fare al caso. Non sono mai stato uno di quelli che credono nel destino, di quelli per cui ogni azione e ogni evento ha un significato. Ho sempre vissuto e agito esattamente come il mio spirito mi dettava di fare, non importa quali fossero le conseguenze. Se ho ferito qualcuno? Certo che si, le mie motivazioni non erano mai facilmente comprensibili. Ho sempre giocato una partita molto al di fuori del comune sentire, al di sopra di me stesso. Al diavolo, Peter Bishop, tu non sei reale. Ho passato una buona parte della mia vita a scappare e ad essere diverso da ciò che sono. Ora non scappo più ma continuo a sentire di non essere pienamente me stesso. C’è qualcosa in questo immenso puzzle che mi sfugge tra le dita. Continuo a raccontare la solita storia, continuo a dire quello che sanno tutti ma è una enorme, colossale bugia. Ho ripetuto troppo spesso questo racconto tanto che è diventato realtà. Tutti quanti se la sono bevuta, perfino io ad un certo punto. Ora non è più possibile per me crederci. Avanzo lentamente, il freddo sta per togliermi lucidità quando davanti a me vedo una baita. Busso alla porta ma nessuno risponde. Bene, non dovrò raccontare ancora una volta la mia menzogna. Entro dentro. Prima di lasciarmi andare ad un meritato riposo, accendo il fuoco. La strada è stata la mia scuola e ancora una volta non mi sta tradendo.
Sono stanco ora.
Chiudo gli occhi.
Al mio risveglio un altro giorno.
Un nuovo giorno e una nuova illusione…
Capitolo 3
 
Quel giorno. Una coscienza condivisa. “Se tu muori mentre la tua coscienza è unita alla sua potresti morire anche tu.” Ci sono cose ben peggiori della morte. Ero disposto a rischiare il tutto e per tutto per salvarla. Non era questo quello che davvero c’era in gioco. Non avevo previsto le conseguenze. Tipico mio agire senza prevederle. Ora dentro di me sono rimasti i residui di una miriade di futuri vissuti. Da me? Da lui? Che importanza ha ora saperlo? Non è previsto che un essere umano conosca tutto questo. Nessuno dovrebbe mai saperlo. Ritornando indietro farei quello che ho fatto mille volte, non sono pentito. Ora so tutto, conosco quello che accadrà. So quanto è fragile l’equilibrio del mondo e quanto ogni mia azione ora può essere pericolosa. Ho fatto la cosa migliore di cui sono capace: sono scappato. Non posso restare più vicino a loro sapendo cosa li aspetta. Ho perso tutto. Persino la convinzione di poter agire per salvare il salvabile. Sono tornato nomade, muovendomi continuamente, cercando di non costruire legami di nessun tipo, cambiando nome perchè nessuno mi possa rintracciare. E ora sono qui, in mezzo alla neve, isolato da tutto e da tutti, dove non posso nuocere ad altri che a me stesso. Chiudi gli occhi ora. Devi solo trovare il modo per ingannare l’attesa.
Capitolo 4
L’universo negli occhi, la sua origine, il senso di tutto quanto. Sono sempre stato un uomo alla ricerca di risposte. A volte le risposte però conducono ad altre domande e per una persona come me è sempre stato molto frustrante. C’era una volta un’eterno fuggiasco, un uomo che non voleva affrontare davvero chi fosse. Questa creatura un giorno ha smesso di fuggire, si illudeva di aver trovato un posto nel mondo. Illusioni. Sono il maestro nel crearle agli altri ma quello che ancora non avevo capito è che sono altrettanto bravo a crearle anche in me stesso. Sono io. Sono sempre stato io. Troppo cocciuto per riconoscere in faccia la realtà. Dovevo aprire la mente, come mi diceva mio padre e l’ho fatto. Ho dovuto cancellarmi e ritornare al di qua dello specchio per capire chi sono davvero. Non so da quale parte del vetro mi trovo. In fondo poi non è così importante saperlo. In cammino, tra la gente. Nessun sospetto, nessuno mi riconosce. E’ questo che voglio, era questo che cercavo quattro anni fa. A questo sono tornato. Posso essere davvero chi voglio. Qualunque storia racconterò diverrà realtà…
Capitolo 5
Una telefonata improvvisa mi sveglia alle prime luci del mattino. Fisso incredulo il nome scritto nel monitor del cellulare. Walter. L’avevo pregato di non chiamarmi se non fosse stato strettamente necessario. Esito. Se rispondo rischio di tornare sui miei passi e sulla mia decisione ma se non lo faccio potrei rimpiangerlo per il resto della vita. – Walter, se mi hai chiamato vuol dire che è una cosa seria.
– Lo è, figliolo. Salvare la vita a un essere umano è sempre un’affare serio. Se è vero che sei stato connesso alla macchina allora solo tu puoi risolvere la questione.
– Non potevate chiedere a qualcuno over there? Sicuramente tra di loro c’è qualcuno talmente abile da risovere quel problema.
– No, Peter, non hai capito. Ci abbiamo già tentato e non è servito a nulla. Ci serve il tuo aiuto.
Sospiro. Sapevo. Lo sapevo. E’ inutile tentare la fuga, la vita trova sempre il modo per riportarmi li dove non devo essere.
– D’accordo. C’è solo un problema: sono a diverse miglia da Boston ci vorrà del tempo prima che arrivi li…
– Non ti preoccupare per questo. Broyles ha contattato le autorità: hai un volo tra meno di un’ora, ti conviene fare presto.
Ho deciso di tornare. Quando Olivia mi ha conosciuto in Iraq ero una persona diversa, ero un uomo in fuga da me stesso, non accettavo le conseguenze delle mie azioni. Adesso so. So che qualunque decisione io prenda comporta un prezzo da pagare e anche in questo caso sarà lo stesso. Il viaggio del ritorno è stato più stancante nel previsto. La tensione, la paura di incontrarla di nuovo…
– Ho fatto più in fretta che potevo. Dimmi, è così grave?
Walter mi porse un fascicolo con la dicitura riservata. C’era tutto quello che sapevano della persona in pericolo di vita. Gli do una rapida occhiata. – Se questo è uno scherzo, non mi sto divertendo.
– Non è uno scherzo, Peter. Mi sono macchiato di molte colpe ma non giocherei mai con una questione così importante.
Ritorno a leggere la scheda: Peter Owen, 35 anni, nato a Bath. La descrizione fisica è pressochè identica alla mia tranne per un particolare: quest’uomo ha un tatuaggio. E hanno punti in comune anche per quanto riguarda il passato. Entrambi sono uomini in fuga, entrambi hanno dimestichezza con le macchine, entrambi un QI alto. Stesso istinto di sopravvivenza, stesso carattere solitario.  Continuò a fissare la scheda di quest’uomo con aria truce. Davvero un gran bello scherzo del destino.
– Raccontami tutto dal principio. Cosa è successo a quest’uomo?
La Fringe Division stava indagando su una serie di morti accadute in circostanze inspiegabili. L’unica cosa che si sapeva era che le vittime avevano ricevuto un file tramite mail, di provenienza sconosciuta, poco prima della loro morte. L’unica persona che era sopravvissuta all’attacco di quel file era lui, Owen. La sua coscienza non era mai tornata ma il suo corpo rispondeva ancora dei segni vitali.
– Dove si trova ora?
– In ospedale ma è ancora collegato. Ho specificato chiaramente che se l’avessero staccato sarebbe morto.
Annuisco. – Hai suggerito la cosa migliore, Walter. Non avrei saputo fare di meglio. Ora devo prepararmi e non ho idea di quello che dovrò fare.  Intanto vado a casa a riposare. Il viaggio è stato lungo e se il lavoro che devo fare è tosto come penso, avrò bisogno di tutte le mie energie.
Sono a casa, stanco morto. La tensione non ha ancora mollato la presa su di me. L’unico modo che ho per rilassarmi è farmi una doccia e andare a dormire. Crollo addormentato non appena la testa tocca il cuscino.
Una ruota con uno strano codice. Una voce mi dice che sono rune. Dove mi trovo? Di chi è questa voce?
– Ciao, omonimo. Quando ci incontreremo davvero tu rivedrai questa ruota. Ha un significato importante per me e se seguirai il suo linguaggio con cura, riuscirai a salvarmi. Non perdere troppo tempo nella decifrazione. Se vorrai salvare un Peter, o entrambi, dovrai fidarti solo ed esclusivamente del tuo istinto. A presto. So che la tua scelta sarà sempre quella giusta.
Mi sveglio di scatto mentre riecheggia nella mente l’ultima frase.
Questa vicenda sta diventando sempre più strana.
Capitolo 6
Ho ancora addosso i frammenti del sogno che ho appena fatto. E’ la prima volta che mi sento così coinvolto in un caso e non so perchè. Mi alzo e con gesti automatici mi preparo a tornare nel laboratorio di Walter.
– Vedo che anche tu non riesci a dormire quando sei  nel bel mezzo di un caso, Peter.
– Olivia sa della mia presenza qui?
– Certo che lo sa, è stata proprio lei a dirmi di chiamarti. Ma rispetta la tua decisione e non ti distrarrà nel bel mezzo delle operazioni. La posta in gioco è troppo alta per lei da rischiare anche solo una minima interferenza.
Annuisco. – Ho bisogno di una serie di cose prima di cominciare. Prima di tutto… ho bisogno che qualcuno mi tiri fuori se gli eventi dovessero precipitare.
Sento una voce di donna alle spalle dire: – Questo sarà compito mio.
Olivia. Speravo tanto non doverla incontrare.  – No, non va bene. Deve essere qualcuno abile quanto me di informatica e tu non lo sei.
– E’ vero, non lo sono, ma ho dalla mia il fatto che se dovesse accaderti qualcosa farò l’impossibile per tirartene fuori. E tu sai bene di cosa sono capace, l’ho già fatto una volta. E’ così che ci siamo conosciuti.
Mi giro e cerco di sostenere il tuo sguardo. Sei decisa a fare di testa tua e non vuoi cedere.
Non è il momento di fare inutili prove di forza. – Non mi piace mettere a repentaglio la tua vita, ma immagino che non accetterrai un no come risposta. Ho bisogno di un macchinario potente, il più potente che ci sia in circolazione. Non voglio rischiare di arrivare oltre il mio limite per riportare indietro il signor Owen solo perchè la macchina non risponde ai miei comandi. Deve essere in una stanza buia, possibilmente silenziosa. Non voglio distrazioni di nessun tipo, nemmeno sensoriali. Olivia tu dovrai seguirmi passo passo ma senza farti sentire e senza agire per conto tuo. Anche se gli eventi e le percezioni dovessero diventare troppo strani o insostenibili, tu stai ferma. E’ chiaro?
Per una volta nella tua vita, Olivia, ti prego, ascoltami. Non fare la solita testarda. No, non è la solita. Non è lei. Peter non è la tua Olivia. Ordine nella testa, non puoi permetterti di impazzire ora.
– Nel malaugurato caso in cui devo farti tornare indietro come faccio?
Se vorrai salvare un Peter o entrambi dovrai fidarti solo ed esclusivamente del tuo istinto…
Si girò verso la donna con lo sguardo cupo. – Una frase. Una frase che ha un significato davvero importante per me.  Pronunciala tre volte a un’intervallo controllato e io tornerò indietro. Se davvero ricordi tutto come dici, non farai fatica a trovarla.
Peter vide Olivia allontanarsi per fare una telefonata, immagino alla Massive Dynamic, a Nina per organizzare quanto gli serviva. Poco dopo tornò indietro e gli disse:
– Ok Nina mi ha detto che ha una stanza e tutto quello che ti serve come da richiesta. E’ curioso che entrambi siate d’accordo sul non volermi della partita. E a lei, come a te, ho risposto che non se ne parla di tagliarmi fuori. Non me ne starò con le mani in mano mentre tu rischi la tua vita.
Annuisco vagamente.  Non devo perdere la concentrazione con pensieri inutili.
– D’accordo, allora è meglio non perdere altro tempo. Un’ultima cosa. Se vedete che tardo a tornare indietro dopo il richiamo, contate dieci minuti e poi staccate tutto. Non importa se così facendo morirò. Non voglio restare attaccato a una macchina. Una volta mi è stata più che sufficiente.
Walter e Olivia annuiscono.
– Buona fortuna, figliolo.
Libera la mente Peter, non farti distrarre da nulla e nessuno. Ora è importante che tu rimanga concentrato sul tuo compito…
Capitolo 7
 
Sono stato in silenzio per tutto il tragitto tra il laboratorio di Walter e la Massive Dynamic, stando attento a non rivolgere nemmeno uno sguardo a Olivia.  La mia mente doveva rimanere concentrata per il compito che dovevo svolgere. Al nostro arrivo i tecnici della MD mi introducono alla camera isolata, così come avevo richiesto. Annuisco. Bene una cosa non è cambiata in questa nuova linea temporale: questa azienda sa il fatto suo in materia di macchinari.
L’unica luce che trovo nella stanza è trasmessa dai monitor che mi rimandano le immagini del logo dell’azienda. Ben presto sarebbero spariti e mi avrebbero lasciato solo con me stesso e la macchina. No, non solo. Devo raggiungere l’altro Peter. Ci deve essere anche lui o tutto questo sarà stato inutile. Calma. Calmati. Questa tensione non è utile a nessuno.
– Peter, mi senti?
Chiudo gli occhi e sospiro per tenermi calmo. – Forte e chiaro Olivia. Ricordati, non un passo falso. La frase deve essere ripetuta tre volte, intesi?
– Aye aye, Capitano.
Un altro sospiro mentre osservo i tecnici che mi collegano ai dispositivi di rilevamento delle mie condizioni fisiche. – Ci vuole ancora molto? chiedo impaziente. Sorridono e mi fanno cenno di no.
– Conto alla rovescia per l’inizio della missione di recupero. Tre, due, uno…
Buio. A stento riconosco dove mi trovo. Improvvisamente una luce squarcia l’oscurità quasi accecandomi. Pian piano mi riabituo alla luce e mi accorgo che si tratta di una ruota.
– Ciao omonimo. Sapevo che saresti tornato a trovarmi. Questa ruota è una porta, una porta d’accesso al mio mondo. Un mondo che ora è anche il tuo. Da questo momento in poi avrò accesso ad ogni frammento della tua memoria e tu potrai fare altrettanto con la mia. La ruota ha dodici chiavi costituite da una runa. Scegli quella giusta e una porta si aprirà, ma se farai la scelta sbagliata io ti sbatterò fuori e perderai ogni possibilità di salvarmi.
Hai capito tutto? Vuoi continuare davvero? Scegli.
Improvvisamente davanti a me scorrono davanti simboli che non avevo mai visto prima.
Se vorrai salvare un Peter, o entrambi, dovrai fidarti solo ed esclusivamente del tuo istinto…
Ecco una cosa che non ho mai fatto. Ho sempre avuto bisogno di prove concrete per tutto quanto. Ora non dovrò far altro che butttarmi. Comincio a incamminarmi attorno i simboli cercando un sistema là dove non può esisterne uno. Eppure deve esserci un modo. Pian piano accantono una serie di simboli solo perchè non mi sembrano quelli giusti. Attento Peter non puoi fallire al primo tentativo. Giro più volte intorno ad un simbolo che assomiglia alla R come se qualcosa mi attirasse. D’accordo Peter, tentiamo.
– Ho fatto la mia scelta. Ora cosa devo fare?
– Avvicinati alla ruota e prova a passare.
Lentamente mi avvicino. I miei passi sono lenti, hanno un ritmo cadenzato, quasi come quelli di un soldato. Chiudo gli occhi e improvvisamente scorrono le immagini di tutti i viaggi che ho fatto e anche di tanti che non ricordo di aver fatto. Boston, Iraq, Inghilterra, Bogotà, New York.  Il primo incontro tra Olive e me, il Saint Claire e Walter. Una donna di origine sudamericana di nome Kayla.
– Stai mischiando le nostre vite, per caso? Hai deciso di creare confusione?
– No, Peter. Ti sto raccontando una storia. La mia storia.
– Non sono qui per ascoltare storie, sono qui per salvarti la vita.
– Se vuoi davvero salvarmi dovrai ascoltare quello che ho da dirti. Però, dato che pur non conoscendo i simboli hai fatto una scelta giusta voglio farti un regalo. Condividerò con te il ricordo dei nomi di ogni simbolo cosìcchè per te la scelta sarà più semplice. Ti basterà pensare il nome e io farò il resto. Ora puoi scegliere nuovamente.
Sapere i nomi dei simboli non mi aiuterà a fare la scelta giusta. La prima volta sono stato fortunato, la seconda potrei non esserlo altrettanto.  Calmo, Peter, non perdere la calma e la concentrazione. Raccogli le tue energie e fai la tua scelta. Sono di fronte a un simbolo che sembra una freccia tagliata a metà. Ci sto girando intorno da troppo perchè non possa essere la scelta giusta. La afferro e mi porto in avanti. Le immagini riprendono a scorrere.
– Per essere un principiante stai andando davvero molto bene. Continua così, continua a seguire il tuo istinto. Un patto tra noi due: tu mi racconterai qualcosa del tuo passato e io farò qualcosa del mio. Non l’ho mai fatto con nessuno e penso che tu possa capire il perchè.
Un grido di un neonato, i suoi primi passi, una madre amorevole, le prime parole.
– Questo sei tu, vero?
Le prime rune disegnate sulla sabbia… ed è di nuovo buio.
– Devi di nuovo scegliere, mio doppio.
– Prima che io faccia di nuovo la mia scelta, posso farti una domanda?
– No, devi stare ai patti se vuoi salvarmi. Fai la tua scelta e potrai chiedermi quello che vuoi.
Quanto tempo è passato da quando ho iniziato a fare questo viaggio? Ormai ho perso ogni cognizione del tempo. Cammino avanti e indietro in mezzo a simboli di cui conosco il nome ma non hanno nessun significato per me.  Comincio a perdere la pazienza e senza sapere cosa sto facendo ne prendo uno che mi ricorda un boomerang e lo lancio letteralmente verso la ruota.
– Ora puoi chiedermi tutto quello che vuoi…
– Questo sistema di protezione è legato a tua madre per caso? Ti ha insegnato lei questo linguaggio?
– Si, Peter. Ora è il mio turno chiederti qualcosa. Parlami di tua madre.
– Non ho scelta vero? Di quale madre vuoi che ti parli: di quella che non ricordo o di quella che mi ha cresciuto.
– Entrambe. Loro definiscono quello che sei.
Annuisco e ben presto mi ritrovo a pensare alla donna che mi ha cresciuto. Una donna dolce ma molto fragile, una donna che ha dovuto sopportare a lungo il peso di una menzogna. L’altra donna quasi non la conosco ma so che, al contrario di chi mi ha cresciuto, è molto forte.  Se non fosse morto il Peter di questa linea avrebbe avuto a che fare con una donna risoluta ma molto dolce. Lei. La prima persona che mi abbia riconosciuto davvero. Anche se non sono propriamente la persona che vorrebbe. Le immagini si sono nuovamente fermate. L’ennesima scelta e io ho finito le mie opzioni. Sto brancolando nel buio e questo non è da me, ma penso anche che non ho nulla da perdere in fondo.  Comincio ad avere freddo e ad accusare la stanchezza ma non posso mollare. Ci vorrebbe un bel fuoco…
Di nuovo le immagini scorrono. – Ehi che sta succedendo? Io non avevo ancora scelto!
– Al contrario. Hai fatto una scelta precisa ed era quella giusta. Il tuo desiderio di calore ti ha portato esattamente dove dovevi essere.
– Dovrei essere nella mia linea del tempo, con la mia Olivia che so mi sta aspettando. Ecco dove.
– Raccontami di lei, di quando vi siete incontrati.
Le immagini riprendono a scorrere, ritorno a quel lontano giorno in Iraq. A quanto ero distante da tutto e da tutti. Un’uomo in fuga dal suo passato e da se stesso. E lei, così bella. Non le ho nemmeno degnato di uno sguardo. Ero troppo concentrato alla sua invasione di territorio, al fatto che mi stava guastando i piani per riportarmi li dove non sarei voluto mai tornare. Riaffrontare il passato, rivedere Walter.
E ora sono pronto a vendermi l’anima al diavolo pur di tornare da loro.
Perchè sto facendo questo? Cosa spero di ottenere?
Capitolo 8
Sono ferma qui ad osservare l’operato di Peter cercando di non interferire. Di tanto fisso l’orologio digitale sulla parete sopra di me per controllare quanto tempo è passsato da quando tutto è iniziato. Sono solo 5 minuti ma mi sono sembrate ore.  Peter è cambiato molto, ora è una persona capace di fidarsi del suo istinto. Vorrei dire che questo è merito mio ma non credo.  Nel frattempo penso e ripenso alla frase che dovrei dire nel caso lui rischiasse di perdersi. Non credo che sopporterei l’idea di perderlo per sempre. Non dopo che l’ho appena trovato. Peter ti prego stai attento. Con la mente ritorno al giorno in cui ci siamo incontrati la prima volta… no non è corretto. L’ho cercato io in Iraq. L’uomo che amavo stava morendo e incontrare suo padre era l’unica possibilità che avevo per salvarlo. Mentre viaggiavo in aereo mi leggevo la sua scheda nel vano tentativo di capire la sua mente. Quanto ero ingenua allora. Ho fatto un’errore imperdonabile a presentarmi come un’agente del FBI. Uno come lui non si sarebbe mai fidato di me e ancora adesso dopo anni che ci conosciamo, continua a non fidarsi. Sono qui, ferma, ascolto quello che i due uomini si stanno dicendo. Non sono mai stata troppo religiosa ma silenziosamente ho cominciato a pregare…
– Visto che sei stato così bravo, caro omonimo voglio premiarti dandoti un’indizio sulla prossima scelta. Ti ho dato la possibilità di nominare i simboli che costituiscono la ruota ma ci vuole molto tempo per conoscerli davvero. E’ una conoscenza che affonda le sue radici nella notte dei tempi e solo pochi possono vantare il privilegio di possederla. Ogni grande cammino però comincia sempre da un piccolo passo…
Devo essere vicino a qualcosa di importante se ha iniziato a parlare per enigmi. Ricomincio a girare nervosamente tra i simboli ripetendomi ogni volta: lascia perdere la logica Peter, qui non c’è una logica, qui non c’è alcun significato. Ha bisogno di trovare una chiave d’accesso per una grande porta e quei simboli sono ingranaggi. Hai decodificato codici ben più complicati di questo… una porta… la mia scelta mi porta a vedere una coppia. Un uomo e una donna incinta. L’uomo ha gli occhi blu esattamente come i miei ma hanno una luce diversa. E’ alto, potrebbe tranquillamente passare per mio fratello. Poco dopo la stessa donna porta in braccio un fagottino. Un neonato che piange, un neonato con gli occhi blu come il cielo e i capelli scuri.
– Sei tu vero? Quel neonato sei tu?
– Si, Peter. Poche persone possono dire di conoscere i miei genitori e tu sei uno di quelli. E tu? Il tuo inizio dov’è? Perchè non l’ho visto?
Penso che stranamente Walter non mi ha mai raccontato come sono nato. E’ strano perchè di solito lui è pieno di aneddotti sulla mia infanzia, eventi che io ricordo a malapena di aver vissuto, sempre che sia vero. Ho ricordi vaghi del mio essere bimbo e temo che non saprei distinguerli dagli incubi che facevo. O forse dovrei cominciare a considerare quegli incubi come delle tracce del mio non essere di questo universo. Mi ricordo però le gite che facevamo al lago Reiden. Quel posto è pieno di ricordi per me. Di nuovo buio. Immagino che dovrò fare ancora una scelta.
– Immagino che tu sia una persona impaziente. La tua mente corre velocemente da un posto all’altro, da un ricordo all’altro. Ora ti chiederò un patto di onestà con te stesso e con me. Ti mostrerò le mie luci e le mie ombre e tu farai altrettanto con me. Stavolta dovrai sceglierne due, non una.
– Che succede, mi stai complicando la missione? Sono vicino a salvarti per caso?
– Tutt’altro, giovane Bishop. Questa volta una scelta andrà di pari passo con l’altra.
Sfida accettata, mio caro omonimo.
Luce e ombra ha detto. Una P stilizzata e un cancello. Un blocco. Le immagini ricominciano a scorrere. Il bambino è cresciuto, ha mosso i primi passi verso la madre. E’ un piacere e una gioia vederlo. Cambio di prospettiva ora tocca a me. E le immagini mi rimandano di quel breve periodo di intensa felicità trascorsa con Olivia. Luce e ombra aveva detto e ora capisco perchè. Le immagini cambiano nuovamente e mi mostrano un lato di me che avevo sepolto nell’angolo più remoto della mia mente. Sono un’uomo in fuga, sempre ad escogitare mille espedienti per sopravvivere. Ho imbrogliato tutti quanti, persino me stesso. Non restavo mai fermo per più di tre o sei mesi in un posto e non mi importava di niente e nessuno. Nemmeno di me stesso, alla fine. Sopravvivevo perchè non sapevo fare altro. E assisto anche impotente all’atrocità di vedere morire persone per mano mia. Questi devono essere ricordi misti miei e del mio omonimo. Vedo che non abbiamo in comune solo parte della nostra storia.
– D’ora in poi la strada è tutta in salita, Peter. Scegli attentamente. Adesso più che mai per te è facile sbagliare. Soprattutto se non presti attenzione ai segnali, ai piccoli dettagli che potrebbero aiutarti più di quanto pensi.
Una F. Con le braccia in giù. Non so perchè il mio istinto mi stia guidando da questa parte, ormai ho smesso di farmi certe domande.
– Vedo che impari in fretta ma non ti illudere. Sei ancora lontano dalla conclusione del viaggio.
Ammesso che ce ne sia una…
Capitolo 9
Ho lo sguardo fisso sull’orologio sopra di me. Una sensazione mi attraversa come un brivido freddo intenso su per la spina dorsale: Peter ci sta mettendo troppo. Provo a scacciare la sensazione. Chi vuoi prendere in giro, Olivia? Ti sei sempre affidata al tuo istinto, e anche questa volta agirai allo stesso modo.
Continuo il mio viaggio continuando a macinare simboli su simboli. Sto ricevendo una grande lezione ma non so quanto potrò applicarla una volta tornato cosciente. Sto imparando a fidarmi del mio istinto. Non l’ho mai fatto ma c’è un motivo. Ennesima scelta questa volta la voce del mio omonimo mi chiede: – Tu eri un truffatore, avevi agganci ovunque nell’ambito della malavita non violenta. Toglimi una curiosità: cosa ti ha fatto cambiare idea? Sono sempre stato un soldato, anche quando sono uscito dai marines. Quando impari un modo di essere, di vivere la vita, è difficile cambiarla e abbandonarla del tutto. Tu come ci sei riuscito?
Le immagini mostrano la figura di una splendida donna: capelli biondi, occhi verdi, espressione risoluta ma anche estremamente dolce. Olivia. La donna della mia vita, lei un concentrato di forza e fragilità, di determinazione e dolcezza. Ho potuto trascorrere poche ore con lei ma è stato come rinascere per me. Rinascere a nuova vita. Ho smesso la vita da nomade, ho cominciato ad avere un legame con Walter, la mia vita è mutata da quella di un fuggitivo a quella di un uomo con un suo preciso compito. Qualcosa di più grande di me.  Dentro di me una sensazione strana si fa strada: c’è qualcosa che non fa, qualcosa che non torna. Ci sto mettendo troppo, sono quasi al punto di non ritorno.
Peter, omonimo dove sei? Perchè ti fai sentire così poco?
– Hai già capito il gioco, non devo dirti più nulla.
– Non è vero! Tu non vuoi tornare.
– Cosa te lo fa pensare?
– Finora mi sono raccontato solo io, tu hai detto poche cose di te. Io andavo avanti mi sono aperto, mi sono messo in gioco. Ho imparato a fidarmi del mio istinto. E tu? Tu dov’eri? Perchè non vuoi tornare? Che cosa ti fa così paura del mondo? E stai parlando con me: ho visto il peggio e il meglio. Quindi per favore vuoi smettere di avere paura e darmi una mano questa volta?
– Non è paura.
– Allora di cosa si tratta? Cosa ti trattiene?
Nella mia mente si fa strada l’immagine di una splendida donna con gli occhi nocciola, capelli scuri. Il suo nome è Kayla. – Lei è, o meglio, era l’unica persona che conosceva il vero Peter Owen. Conosceva il mio passato, sapeva dei miei genitori uccisi, non si sa perchè. Ufficialmente il caso è stato archiviato come omicidio a scopo rituale. Non gli ho mai creduto. I miei genitori erano persone curiose. Interessate all’esser eumano. Erano riuscite a creare un ponte con popolazioni, là dove nessun altro era riuscito. La mia esperienza con le rune è una eredità che mi ha lasciato mia madre, me le ha insegnate da quando era bambino. Un linguaggio, diceva, uno dei più antichi del mondo. Parlavano la lingua dell’anima e forse hannno sussurrato all’orecchio sbagliato una parola che doveva rimanere sepolta per sempre. Forse è per quello che sono stati uccisi. Mi ero promesso di scoprire cosa era successo. E’ per questo che sono in queste condizioni.
– Questo è un mondo illusiorio, Peter. Siamo nella tua coscienza. Tu devi tornare.
Sento una voce di donna sussurrare impercettibilmente: Na einai kalytero anthropo apo ton patera toy. Olivia, sei tu? E’ ancora presto, troppo presto.
Ho lanciato il primo avviso. Peter ascoltami, ti prego. Ho trovato la frase, fidati di me, sono io, Olivia. Sono quella che ti ha portato via dall’Iraq…
Ripeto la frase ad un intervallo controllato esattamente come mi aveva chiesto di fare.  Peter ti prego, ascoltami, non voglio perderti. Anche se tu dovessi decidere di continuare a ignorarmi, ti voglio vivo.
Peter possiamo trovare gli assassini dei tuoi genitori, se è questo quello che vuoi ma tu devi ritornare cosciente, riprendere a vivere normalmente. Ora facciamo un patto. Io scelgo l’ultima runa e se è quella giusta noi due torniamo indietro ai nostri corpi, alla vita reale. Lo devi a me, lo devi a te stesso, ai tuoi genitori. Ritorniamo indietro…
Lentamente vedo una figura scende dalla ruota e si avvicina a me.
– Finalmente ci vediamo faccia a faccia.
La somiglianza tra noi è impressionante.
– Che hai deciso di fare?
Per la terza volta sento Olivia dire: Na einai kalytero anthropo apo ton patera toy.
Io mi metto a urlare: E’ troppo presto per tirarmi fuori, Olivia aspetta!
Un lampo improvviso…
Riapro gli occhi.
Sono a terra, Olivia mi ha preso tra le braccia e mi sta cullando. La sua voce è un sussurro:
– Peter…
– Dove sono?
– Sei tornato..
Dall’altoparlante la voce di Nina sta dicendo che anche l’altro Peter si è risvegliato e ha chiesto di parlare con me. Chiudo gli occhi e sorrido. Non so come sono riuscito ma l’ho riportato indietro.
– Ce la fai ad alzarti?
Annuisco silenzioso e mi rialzo.
– Andiamo a trovare il tuo omonimo. Ti somiglia tantissimo, lo sai.
Annuisco. Sono stanco ma non posso mollare. Poco dopo siamo in ospedale. Trovo l’uomo a letto ma con la tastiera del cuscino rialzato.
– Ciao Peter, come vedi ce l’hai fatta. Sono tornato.
– Pensavo il contrario. Sono stato richiamato troppo presto.
– Ho un messaggio importante per te, da parte di un vecchio amico, e poi potremo continuare tranquillamente con le nostre vite. Hai fatto tanto per me e ora te lo devo.
Mi siedo su una sedia, annuisco. – Ti ascolto.
– Da quello che ho capito sei qui da poco tempo, alla ricerca di un modo per tornare a casa. Ma non hai più bisogno di cercare, tu sei già a casa.
– Non capisco, cosa intendi dire?
– Peter questo è il tuo posto, il tuo tempo. La donna che era con te ti ha dimostrato di essere chi dice, vero? Ha trovato la frase che le avevi chiesto come prova, è così? E’ lei. E’ la donna che mi hai mostrato, colei che ti ha cambiato profondamente.
– Ma come è possibile?
– Non so come sia possibile. Probabilmente il vostro è un legame molto forte, tanto che ti ha fatto da faro. E sta tornando anche se continui a insistere che non è lei. Spero di averti insegnato a capire, a seguire il tuo istinto.  E’ una donna splendida e ti invidio sinceramente parlando. Grazie per avermi fatto tornare.
– Cerca di non perderti di nuovo, non credo che sarei di nuovo così fortunato.
Esco dalla stanza silenziosamente ripensando alle parole che mi ha detto il mio omonimo. Olivia da lontano mi vede e intuisce dal mio sguardo il turbamento. Si avvicina lentamente, il suo sguardo è attento, cerca di carpire qualsiasi cosa possa farle capire cosa mi passa per la testa.
La sua voce è un sussurro: – Peter…
Delicatamente la zittisco con un dito. La mia mano passa ad accarezzarle la guancia,  un bacio lieve sulla bocca. La sento letteralmente sciogliersi con il mio gesto.
– Sono stanco, Liv. Andiamo a casa.
Nel frattempo Walter è in laboratorio, sta cercando di farsi passare l’ansia per il silenzio sulla missione di Peter preparandosi un sandwich. Sono cambiate molte cose da quando l’ha visto la prima volta, in prigione. Anche lui è un uomo diverso, è riuscito finalmente a perdonarsi quello che ha fatto, è riuscito ad accettare quell’uomo come suo figlio.
Improvvisamente riceve la visita di un uomo completamente calvo.
– Devi avvertire tutti quanti. Stanno arrivando…
Fine (?)

Una risposta a “Who am I? A Peter Bishop story”

  1. Una storia molto ben scritta.Una diversa angolazione della quarta stagione.Con la lotta di Peter per capire se stesso e anche per fuggire da se stesso . Bello come hai descritto il suo viaggio dentro September che gli ha fatto vedere l'origine dell'universo e forse anche di se stesso.Ho adorato la camminata nella neve dove Peter cerca di perdersi di nuovo ed è costretto a tornare prepotentemente alla realtà da Walter ed Olivia ma soprattutto dall'altro Peter.Un confronto misterioso e intimistico tra questi due Peter così uguali e diversi che permette ad entrambi di vincere le proprie paure e di tornare alla vita vera, riuscendo infine a fidarsi del proprio istinto.Bello come hai saputo trovare tutte le rune adatte ad ogni situazione, si vede che te ne intendiStupenda cara

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