Hyperpower: incipit davvero galvanizzante e devastante. Sembra di assistere ad una sommossa con tanto di agenti che picchiano a destra e a manca. The beginning of the end: è il brano che mi prende meno. Attenzione. Ho detto che mi prende di meno non che sia brutto. Musicalmente ricorda forse un pò troppo My sharona e rende meglio da studio che dal vivo. Concentrato di energia e di forza musicale. Volendo la si potrebbe anche ballare… Survivalism: Devastante. Brutale. Aggressiva in maniera sublime. You got pacifism, I got survivalism. I vecchi ideali non funzionano più, l’imperativo è sopravvivere. Dal vivo è esplosiva. Anzi direi che è proprio nella dimensione live che sono riuscita a fare pace con questo brano. Ogni volta che la sento alzo il volume a manetta e mi esalto. The good soldier: come rendere moderna una classica marcia militare. Questo è. Con un’apertura melodica verso la fine davvero toccante. E sublime il testo: I am trying to see, I am trying to believe. This is nowhere I should be. L’impotenza dell’uomo verso il crollo totale. Sia per il testo che per la musica. Vessel: il capolavoro in un disco ottimo. Graffiante, acido, sembra di risentire gli echi dei vecchi Nine Inch Nails. Come atmosfere mi ricorda Closer. Una Closer del 21esimo secolo. Me I’m not: I Nine inch nails che fanno trip-hop?? E da quando? Sono rimasta davvero basita, diavolo di un Reznor. Il pezzo spacca e di brutta maniera ti ritrovi a scuotere in maniera ritmata la testa. Can’t stop me I’m not…(scegliete voi cosa non sono ) Capital G: picchierò il primo che mi dice che questa canzone è brutta. Non lo è per niente. Il tono della voce è sarcastico, sta prendendo in giro qualcuno (forse il suo pupillo Manson, a giudicare da certi passaggi musicali? Chissà) e la musica segue perfettamente il piglio ironico. E’ divertita e divertente, scanzonata per quanto possa esserlo un brano dei Nin. Qui c’è un piccolo esempio di quanto dicevo prima: in sottotraccia ci sono dei suoni “deviati” difficili da percepire…My violent heart: quando ho sentito questo brano per la prima volta sono saltata dalla sedia. E’ tornato. I Nine inch nails sono tornati. E’ subdolo, suadente, seducente, ti coccola all’inizio, un vero e proprio diavolo tentatore. Voce molto bassa, rabbia trattenuta al massimo grado che sembra voler esplodere ma non lo fa mai totalmente neanche nel ritornello. Insomma una delizia per le mie orecchie: we crawl… The Warning: un nuovo rimando alle vecchie opere. Ci risento echi di Piggy, della fine di questo brano. God given: se nel futuro esisterà ancora una discoteca questo brano sarà considerato un classicone. Fa muovere il culo persino alla persona più piantata dell’universo da quanto è deliziosamente ritmata. Suoni perfetti, forse al limite della glacialità ma va bene, ce ne fossero di dischi così. Meet your master: la cosa che mi chiedo andando avanti ad ascoltarlo è come diavolo farà a portarlo dal vivo? Grande mistero. Il punto di forza è che riesce ad essere perfettamente in bilico tra ricerca di uno stile differente, nuovo per il gruppo, senza ignorare il passato come in questo pezzo. E poi verso la fine di nuovo un’apertura melodica bellissima, che ti fa chiedere “pietà per le mie coronarie, non ce la faccio più!” Ma il tizio è sadico e assesta una delle prime mazzate terrificanti del disco: The greater good. Deliziosamente ipnotica e malevola, strumenti normali che diventano inquietanti. Si va avanti, è sempre peggio, The great destroyer è il secondo capolavoro. Linea vocale meravigliosa (Trent Reznor ha preso lezioni di canto nel frattempo?), musicalmente molto espressiva dall’inizio alla fine dove la fine del mondo è simboleggiata dal puro rumorismo elettronico. Bello, bello, bello! Come ho letto da altre parti date un pianoforte al frontman dei Nin e sarà difficile che faccia uscire brutte cose. Another version of truth è la mestizia calma dopo la distruzione, stranamente molto minimale in un disco fin troppo ricco e complesso. In this twilight ha il pregio di essere la perfetta triste narrazione di un mondo ormai fottuto. Sia musica con le note in diminuire dell’inizio, il cantato che segue la dissonanza. Da Greater Good fino ad adesso il disco ha cambiato i connotati da aggressivo, provocatore, diventa triste e decadente. Zero-Sum è la chiusura ideale. Si parla in sotto voce, i toni sono dimessi, si levano le tende. E poi quel “shame on us” uno dei punti più alti dell’espressività di questa grande opera. La disperazione fatta carne, voce, musica e cuore. Era il disco che volevo. Il. Disco. Che. Volevo. Volevo che ritornasse a prendermi l’anima e a distruggermela di nuovo. Grazie. Grazie mille.
P.S. Non è finita, l’anno zero non è finito. C’è un secondo capitolo. Che gli Dei abbiano pietà delle nostre povere anime…
P.S. Non è finita, l’anno zero non è finito. C’è un secondo capitolo. Che gli Dei abbiano pietà delle nostre povere anime…