Storia unica, i suoi pericoli nel mostrare un solo lato del popolo


Mi sono imbattuta in questo interessantissimo video che come al solito mi hanno fatto riflettere molto.
Riporto alcuni stralci del suo discorso e poi vengo al punto.

Quanto impressionabili e vulnerabili siamo di fronte a una storia, in particolare da bambini. Siccome tutto ciò che avevo letto erano libri i cui personaggi erano stranieri, mi ero convinta che i libri, per loro natura, dovevano avere personaggi stranieri, e dovevano parlare di cose con le quali io non potevo identificarmi. Ora, tutto questo è cambiato quando ho scoperto i libri africani.Non ce n’erano molti. E non erano facili da trovare quanto i libri stranieri. Ma grazie a scrittori come Chinua Achebe e Camara Laye, la mia percezione della letteratura è cambiata. Ho capito che pure persone come me, ragazze con la pelle color cioccolato, i cui capelli ribelli non potevano formare code di cavallo, potevano esistere anche nella letteratura. Ho iniziato a scrivere di cose che riconoscevo.

(Photo credit should read ROBYN BECK/AFP/Getty Images)

Molto spesso troviamo un solo ritratto di una popolazione, ci raccontano solo una storia unica su di loro. Non è un processo nuovo questo, lo facciamo da secoli. Pensiamo a come sono stati ritratti i Maya e gli Aztechi. Popolazioni primitive che, secondo la storia ufficiale, non conoscevano l’uso della ruota. Eppure le rovine e ciò che ci è rimasto di quella popolazione, raccontano una storia diversa. Stessa storia per gli indiani di America, sterminati dai colonizzatori europei, dipinti da anni come selvaggi. Quegli stessi selvaggi che ora si sono riuniti nella protesta a Standing Rock cercando di impedire che un nuovo impianto petrolifero inquini l’acqua e acceleri il cambiamento climatico che è già in atto.
Voi eravate a conoscenza dell’esistenza di Nollywood ossia l’industria cinematografica nigeriana? Io no. Al massimo sapevo di Bollywood, ossia di quella indiana.
Si tratta di una produzione straordinaria tanto nei contenuti quanto nei numeri. D’altra parte in Nigeria si producono opere cinematografiche sin dai primi anni ’60, la tradizione teatrale e performativa in genere si distingue nel panorama dell’Africa occidentale ed inoltre il recente avvento del digitale ha portato ad una crescita considerevole.
Secondo la CNN, Nollywood già nel 2004 aveva un giro d’affari di 250 milioni di dollari, distribuendo circa 200 home video ogni mese. Uno studio condotto nel 2009 dall’Istituto di Statistica dell’UNESCO ha rivelato che nel 2006 la produzione di film in Nigeria aveva sorpassato quella statunitense, collocandosi al secondo posto dopo l’India per numero di produzioni cinematografiche mondiali.
E, devo essere onesta, non è la prima cosa che mi viene in mente quando penso alla Nigeria o meglio all’Africa. Ho più una reazione simile alla compagna di stanza riportata nel video della scrittrice che vi ho messo.

Il che mi porta ad un altro Ted talk che ho visto e che ha una tematica molto simile.  La scrittrice e blogger Ann Morgan, e qui ne “Il mio anno speso a leggere libri di tutto il mondo” potete vederla mentre annuncia questo progetto, ha dedicato appunto 365 giorni alla ricerca di libri che raccontassero storie di ogni angolo del mondo. La sua non è stata una impresa facile, anzi.

Ma quando si è trattato di leggere il mondo, la sfida più grande per me è stato il fatto che non sapevo da dove partire. Avendo trascorso la mia vita a leggere libri quasi solo britannici e nordamericani, non avevo idea di come fare a scovare, reperire e scegliere le storie del resto del mondo. Non avrei saputo dirvi dove trovare una storia dello Swaziland. Non avrei saputo riconoscere un buon romanzo della Namibia. Non potevo nasconderlo – ero un’ignorante xenofoba letteraria. Quindi come avrei fatto a leggere il mondo?

Ecco appunto. Sapete io come italiana vivo una situazione analoga. Non tutti i libri del mondo vengono tradotti in italiano e, sorpresa, sorpresa, nemmeno tutti quelli in letteratura inglese e americana. Il che vuol dire che ci sono libri dei miei autori preferiti su cui io non ho messo le mie luride zampacce da lettrice compulsiva e che, probabilmente, non lo farò mai perché dipendo dalla volontà delle case editrici che decidono per me quale opera tradurre e quale no. Se volessi fare una cosa analoga a quella di Ann Morgan sarebbe ancora più difficile, se non impossibile.
Ancora una volta c’è qualcuno che decide per me quale storia farmi arrivare. E, sapete, è frustrante.
Qui ci sarebbe da parlare anche di altro ma temo che mi addentrerei su un territorio minato e, soprattutto, sovraccaricherei il post che è già bello carico di suo.
Quindi quando sentiamo una storia su una popolazione mi chiedo: ma sarà davvero così oppure è quello che vogliono farci credere? A chi giova raccontarla?

Pubblicato da krishel

Appassionata di musica, cinema, letteratura, scrivo solo per passione quello che mi passa per la testa.

2 Risposte a “Storia unica, i suoi pericoli nel mostrare un solo lato del popolo”

  1. E’ una questione interessante socia. Spesso è più comodo prendere per buona la versione precostituita di una storia che approfondirla e scoprire che è molto diverso da come ce la raccontano. E’ terrificante che ci sia una cultura dominante e altre che vengono considerate inferiori e non approfondite. Non sapevo niente di Nollywood, lo ammetto e mi piacerebbe scoprire qualcosa.
    Avevo invece visto qualche film dell’Afghanistan, iraniano o israeliano.
    E trovo ingiusto che non possano arrivare alcuni libri perché c’è chi decide per noi.
    Prendi i libri che ho scoperto sul detective Martin Beck. E’ famoso in tutto il mondo dagli anni 60-70, ma solo di recente la piccola casa editrice Sellerio ha deciso di pubblicare le storie su di lui.

    1. Noi due a Fiuggi in un certo senso siamo state fortunate, avendo avuto l’occasione di vedere film che difficilmente saremmo riuscite altrove. Capisco perfettamente quello che dici. E’ ingiusto che ci sia qualcuno che decida cosa pubblicare o cosa no. Probabilmente ci ritorno su questo in un altro articolo.

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