King’s Revival, Mr Mercedes, Chi perde paga: le recensioni

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Innanzitutto lasciatemi dire una cosa: per il post precedente ho avuto più commenti di quanti ne abbia ricevuti in un solo mese di permanenza del blog su blogspot. Non so se era il post ad attirare oppure il fatto che l’ho ripreso in mano dopo un po’ di fermo. O la piattaforma… non so dire. Comunque bando alle ciance. Non è la prima volta che mi cimento in una recensione di un libro di Stephen King. Se non ricordo male, l’ultimo di cui ho scritto qualcosa è stato Dr Sleep, che potete leggere anche in questo blog e magari potreste anche dirmi la vostra. Qui voglio affrontare tre libri – perché purtroppo me li sono tenuti in arretrato non perché siano legati tra loro. Beh due di loro lo sono, gli ultimi due, il primo no.
Revival funziona a più livelli e mai un titolo fu più azzeccato di questo. Si tratta di un omaggio che l’autore fa ai classici della letteratura fantastica e horror, classici che lui ha letto e ammette apertamente a inizio libro. Nomi come: H.P. Lovecraft, il cui distico più famoso viene addirittura citato all’interno della narrazione (“Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire.”) Bram Stoker, Mary Shelley (il cui mito di Frankenstein viene anch’esso citato in maniera neanche troppo sottile), Arthur Machen, Robert Bloch, Clark Ashton Smith e molti altri costituiscono le fondamenta del Stephen King così come lo conosciamo.
La trama? Le vicende iniziano negli anni 60 e Jamie Morton, il protagonista, è soltanto un bambino quando, nella sua cittadina, arriva un nuovo pastore che suscita la sua fiducia ed il suo interesse spiegandogli le meraviglie dell’energia elettrica. Il reverendo Charles Jacobs e sua moglie sono dotati di un innegabile fascino che, oltre a rivoluzionare la chiesa locale, attrarrà le simpatie di tutti i conoscenti.

Ma Jacobs nasconde un lato oscuro che lo porterà a rinnegare Dio e la religione dopo la tragica scomparsa della moglie e del figlio. Jamie non saprà più nulla del reverendo per anni fino a che, ormai adulto e schiavo dell’eroina, rincontrerà Charles Jacobs ad una fiera, in una veste completamente nuova e potenzialmente pericolosa. (Trama presa qui: Dusty pages in wonderland) Dicevo che il titolo funziona su più livelli. La narrazione è fatta a posteriori. Ossia è Jamie che, una volta diventato adulto, rivive la sua esistenza, il suo passato, tutto ciò che l’ha portato al punto in cui ha iniziato la narrazione. E’ un rivivere anche le atmosfere di quegli anni, di un’America particolare, della musica e della cultura basilare. E, come vi accennavo prima, l’autore fa un omaggio agli autori che in un certo senso lo hanno reso com’è citando la pseudobiblia come il Necronomicon e altri ancora, rivisitando Frankenstein e quel finale che richiama in maniera prepotente il pessimismo tipico di certe narrazioni lovecraftiane. La Grande Madre di cui viene fatta menzione dal protagonista non può non far venire in mente i Grandi Antichi e la filosofia che vi è dietro è la stessa. Avverto i signori lettori che, se per caso sono insettofobici, forse il finale non è il massimo della vita e potrebbe creare incubi a ripetizione.
Mr Mercedes e Chi perde paga (il titolo originale di quest’ultimo è Finders Keepers ossia l’adagio: chi trova qualcosa se lo tiene ed è attinente alla storia ma ne parlerò con calma dopo) sono diversi e legati tra loro fanno parte della trilogia dedicata al Detective Hodges di cui il terzo libro non si sa quando arriverà in Italia al momento in cui vi scrivo.
Mr Mercedes si apre con una strage avvenuta nel 2009 ad opera di uno psicopatico, alla guida di una lussuosa Mercedes SL 500 con motore a dodici cilindri, appena rubata, che investe intenzionalmente un gruppo di persone in fila per entrare ad un’attesa fiera del lavoro indossando una maschera da clown. Dopo aver ucciso otto persone, tra cui un infante, e averne ferite diverse altre, sfruttando la scarsa visibilità delle ore notturne, ulteriormente attenuata dalla nebbia, riesce a fuggire.
Un anno dopo il detective Hodges è ormai andato in pensione. E’ stato uno di quegli agenti che ha sempre mirato a fare il proprio lavoro con coscienza ed è stato congedato con tutti gli onori per servizi resi. Mentre in teoria dovrebbe godersi la ritrovata libertà e il riposo, viene contattato dal’autore della strage della Mercedes e lo sfida ad un duello tra intelligenze. E’ un gioco al rialzo tra uno psicopatico convinto di poterla sempre fare franca grazie alla sua abilità con i computer e alla sua supposta superiorità intellettuale. Il gioco tra i due si fa sempre più serrato tanto che Hodges dovrà correre per evitare una strage ad un concerto di un gruppo famoso per adolescenti.
Il secondo libro, pur essendo idealmente un seguito, potrebbe anche reggersi da solo perché alla fine la vera storia è la classica ossessione di Stephen King sul rapporto tra lettori e scrittori e quanto può essere travagliato, per usare un eufemismo. Un gruppo di ladri si introducono nella casa di un noto scrittore, tale John Rothstein che non pubblica da almeno vent’anni. Uno dei rapinatori è Morris Bellamy un grande fan dello scrittore, adirato per la fine ingloriosa che viene fatta fare al suo personaggio preferito. Vi sembra familiare tutto questo? Si, certo, è un po’ la stessa storia che c’è alla base di Misery non deve morire. Il fan uccide lo scrittore e lo priva dei taccuini in cui questi aveva imbastito le trame per altre storie. Qualcosa va storto, i suoi compari vengono uccisi e Bellamy finisce in galera. Il baule con i soldi e i notes con le storie finisce sepolto, in attesa che Morris li possa recuperare. A ritrovarli però è il giovane Peter Saubers, la cui famiglia è stata colpita a causa della disoccupazione. Il padre è uno delle vittime dell’incidente raccontato in Mr Mercedes e il matrimonio dei genitori rischia di naufragare per colpa della crisi economica che stanno affrontando. Quando Pete trova quel baule pieno di soldi non esita un secondo istante a utilizzare quei soldi per aiutare la sua famiglia a tenersi a galla. Purtroppo per lui le vicende si complicheranno e sarà Hodges stesso a giocare un ruolo fondamentale nella salvezza del giovane Peter e della sua famiglia. Per tutto il tempo io ho avuto la sensazione che il detective e la questione dell’incidente fossero stati messi un po’ forzatamente in questo libro, come se non vi avessero molto a che fare. La vera storia era appunto quella che vi ho detto prima: il rapporto scrittore/lettore, la disparità tra opera effettiva e recensioni. E, soprattutto il modo in cui certo tipo di letteratura è stata definita un classico anche senza incontrare il plauso unanime dei critici. E’ un libro molto più letterario che giallo in un certo senso.

Pubblicato da krishel

Appassionata di musica, cinema, letteratura, scrivo solo per passione quello che mi passa per la testa.

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