Parlare di mia madre sarebbe un pò come discutere di una ferita che è ancora aperta e chissà se si chiuderà mai. Non perchè lei ed io siamo in pessimi rapporti ma semplicemente perchè mi ha lasciato poco più di un mese fa. Ho sempre vissuto il confronto con mia madre: lei che ha visto la seconda guerra mondiale da bambina, lei che va a vendere il pane e quando un povero soldato tedesco le regala TUTTO quello che ha perchè lei assomiglia a sua figlia. La mia vita è stata costellata di questi e altri aneddoti che mi ha fatto capire da un lato in prima persona lo schifo di quella guerra e mi ha dato anche un saggio della sua piccola grandezza. Era una miniera di talenti: sapeva cucire in modo sopraffino, sapeva cucinare molto bene, sposando diverse tradizioni da quella sicula a quella genovese e io purtroppo non ho fatto in tempo a carpire i suoi segreti, sapeva dipingere e disegnare in maniera più che naturale (visto che di tecnica ne aveva poca). Ma il suo talento più grande era quello con i bambini piccoli. Sembrava fosse tagliata da sempre a fare la madre e i bambini lo sapevano. Non ho mai visto in 32 anni di vita un bambino che non le sorridesse o che non stesse tranquillo in sua presenza. Però era anche ansiosa come tutte le mamme sapevano essere, aveva i suoi preconcetti con cui mi sono scontrata un milione di volte e non le andava giù l’idea che non credessi a niente (e meno che mai al suo dio) e ovviamente non vedeva molto bene la mia passione per la magia eheh… Ma era una persona profondamente buona e intelligente, certe volte persino ingenua e candida. Peccato che abbia dovuto soffrire così tanto nel suo ultimo anno di vita. Se quella la si è potuta chiamare vita…

 
(Per Edera spero che non ti offenderai se posto anche qui le mie parole su mamma oltre che sul tuo blog.) 

 
Non è la prima volta che qualcuno è felice perchè gli ho scritto qualcosa. Bah.. non lo so. Ho questa passione per la scrittura e il descrivere quanto mi circonda e tutto quello che riesco ad osservare e che la gente comune sembra non notare per niente. Io non capisco come facciano. Forse è quello che intendono i più grandi filosofi quando dicono che gli adulti si sono abituati alla realtà che non la notano nemmeno, non riescono più a sorprendersi. Oltre a tutto il dolore quest’ultimo anno mi è servito per capire una cosa: che non possiamo veramente dare per scontato nulla. Anche fare le cose più semplici ed elementari come mangiare da soli, camminare, lavarsi e vestirsi, per esempio, sono cose che possiamo perdere con molta facilità e per reimpararle ci vuole un sacco di tempo e di fatica. Qualcuno non le riprende mai del tutto…