Minime recensioni musicali

Si lo so, sono usciti un sacco di dischi di gruppi che amo e non ci ho scritto sopra manco una parola. Quindi farò un mini riassunto di quello che penso. Con alcuni sarò molto dura con altri mi limiterò solo ad esprimere le mie opinioni.

Nine Inch Nails Hesitation Marks. Ci sono delle belle idee sparse per tutto il disco. Alcune sono venute a compimento, altre invece sono state sommerse da materiale che non si sa bene dove voglia andare a parare. Solo in un caso si è davvero sentita la vecchia magia di Reznor ossia Various Methods of Escape. Bel brano anche se non è propriamente una novità nell’ambito della discografia del gruppo. Altri brani degni di nota sono il singolo apripista Came back haunted, che mi aveva illuso e mi aveva fatto sperare in un ritorno davvero in grande stile, e While I’m still here/Black Noise che se non altro è piacevolmente interessante. Il resto… non saprei manco come definirlo se non deludente.

Editors The Weight of your love. In una parola: brutto. Non si capisce dove voglia andare e non basta la sola Nothing, un vero e proprio colpo basso emotivo, un brano confezionato ad arte per prenderti in contropiede e commuoverti nel profondo, non basta a tenere in piedi un disco che mi sembra povero di idee. Aggiungo anche che ho avuto la sensazione che il cantante volesse dimostrare a tutti i costi che ha una bella voce e che sa andare oltre al tono simile a quello di Ian Curtis, risultando in più punti stucchevole.

God is an astronaut Origins. Loro sono una sicurezza. Fanno un post rock molto semplice e d’atmosfera sempre evocativo ed accattivante. Origins non è da meno. Piazzano a metà disco un pezzone come Autumn Song che è struggente ma anche ha un briciolo di speranza dentro e ci vuole coraggio perchè il resto deve poter reggere il colpo. Origins regge tranquillamente. E’ un disco che alla fine ti mette proprio voglia di riascoltarlo.

Sigur Ros Kveikur. Sono rimasta letteralmente spiazzata dal cambio di direzione di questo gruppo. Il disco funziona, anzi, va a solleticare il mio lato oscuro che ringrazia per quel lauto pasto. Quello che mancava al disco dei Nine Inch Nails, sicuramente in questo disco c’è. E’ un disco dalle tinte forti, oscure, un disco profondamente industriale, rumoroso. E’ il disco dell’umanità che ormai ha rinunciato ad osservare il paradiso, perchè troppo doloroso in quanto ci ricorda che è un sogno impossibile e irraggiungibile, e si è immerso totalmente nell’habitat sulfureo dell’inferno post industriale. Non sempre la voce di Jonsi riesce a scampare indenne da tutto quel rumore, risultando a volte troppo debole. La title track è la migliore di tutto il disco e la conclusiva Var è intensa e malata, la degna conclusione per un disco di questo tipo.

Pian piano mi metterò in pari con altri dischi. Sui Depeche Mode mi riservo il diritto di pensare a fare una recensione come si deve. Sempre che riesco…

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