Looking for mercy…

C’è troppa poca dolcezza in questo mondo e ci sono emozioni immortali. Emozioni che scavano nel profondo della tua anima, arrivano e vi mettono le radici. Non ti lasciano mai più. Questo è quello che ho pensato quando sono passata per caso nel blog di Aglaja e ho ritrovato il video che vi faccio vedere. E’ Mercy Street di Peter Gabriel. Come tutti gli esseri umani pensanti, lui ama leggere e talvolta gli capita di girare per mercatini alla caccia di opere interessanti da cui farsi ispirare. In uno di questi ha trovato un libro di poesie di Anne Sexton poetessa americana del secolo scorso. (cliccate sul nome per saperne di più). Gabriel colpito dall’intensità della poetica di questa scrittrice decide di dedicarle Mercy Street. Un brano sicuramente evocativo e di una dolcezza infinita. Il testo fa menzione anche a un qualcosa che ho sempre pensato. Siamo abituati a vedere case, palazzi, macchine e tutto ciò che costella la nostra abituale giornata. Eppure tutto quello che abbiamo, quello che esiste ora prima era solo un sogno nella testa di qualcuno. “All those building, all those car were once just a dream in somebody’s heads”. E sempre presente, persistente la forza della parola. La parola che cambia le percezioni, la parola che fissa la realtà. Anne Sexton scrive poesie, affida al potere curativo delle parole tutta la sua oscurità. Sono sicura che anche per Gabriel è così ma ha un arma in più: ha la sua voce, le vibrazioni che comunica, la voce, la musica. Emozioni dicevo. Emozioni che prendono e talvolta non sono descrivibili. Fermate la musica in sottofondo e godetevi il brano.<br/>Sssh listen…

Pubblicato da krishel

Appassionata di musica, cinema, letteratura, scrivo solo per passione quello che mi passa per la testa.

7 Risposte a “Looking for mercy…”

  1. Krishel, ho appena letto il tuo splendido post e l’ho segnalato a Enzo Costa, che mi scrive di dirti che è bello trovare chi ha la sensibilità per apprezzare un capolavoro come Mercy Street.

    Da parte mia, ti regalo questa dolorosa, violenta, alienata e alienante poesia di Anne.

    PER L’ANNO DEI FOLLI
    Anne Sexton

    “O Maria, fragile madre,
    ascoltami, ascoltami adesso
    anche se non so le tue parole.
    Ho in mano il nero rosario, con il suo Cristo d’argento,
    non è prediletto da Dio
    perché io sono l’infedele.
    Ciascuno dei grani è tondo e duro tra le mie dita,
    è un piccolo angelo nero.
    O Maria, concedimi questa grazia,
    concedimi di cambiare,
    sebbene io sia brutta,
    sommersa dal mio stesso passato,
    dalla mia stessa follia.
    Anche se ci sono delle sedie
    io sono sdraiata sul pavimento.
    Solo le mie mani sono salve
    toccando i grani del rosario.
    Una parola dopo l’altra, ci incespico dentro.
    Una principiante, sento la tua bocca toccare la mia.

    Conto i grani come se fossero onde
    che mi martellano contro,
    saperne il numero mi fa ammalare,
    afflitta, afflitta nel cuore dell’estate
    e la finestra sopra di me
    è la sola che mi ascolta, il mio essere goffo.
    Dà in abbondanza, è rilassante.
    L’elargitrice del respiro
    lei, mormora,
    i suoi polmoni esalano come quelli di un enorme pesce.

    Sempre più vicina
    è l’ora della mia morte
    mentre mi risistemo il volto, divento come prima,
    come prima dello sviluppo, con i capelli diritti.
    Tutto ciò è morte.
    Nella mente vi è un esile vicolo chiamato morte
    ed io mi muovo lungo di esso come
    nuotando nell’acqua.
    Il mio corpo è inutile.
    È disteso, accucciato come un cane su un tappeto.
    Si è arreso.
    Qui non ci sono parole se non quelle apprese a metà,
    l’Ave Maria e piena di grazia.
    Ora sono entrata nell’anno senza parole.
    Noto la strana entrata e l’esatto voltaggio.
    Esistono senza parole.
    Senza parole una può toccare il pane
    e riceverlo
    senza emettere alcun suono.

    O Maria, tenero medico, vieni con polveri ed erbe
    perché sono nel centro.
    È veramente piccolo e l’aria è grigia
    come in una casa a vapore.
    Mi porgono del vino come a un bambino si porge del latte.
    Appare in un bicchiere di delicata fattura,
    con la boccia circolare e l’orlo sottile.
    Il vino ha un colore denso, muffa e segreto.
    Il bicchiere si solleva da solo tendendo verso la mia bocca
    e me ne accorgo e lo capisco
    soltanto perché è successo.

    Io ho questa paura di tossire
    ma non parlo,
    la paura della pioggia, la paura del cavaliere
    che arriva galoppando nella mia bocca.
    Il bicchiere si inclina da solo
    e io prendo fuoco.
    Vedo due sottili righe che mi bruciano rapide giù per il mento.
    Mi vedo come se mi vedesse un altro.
    Sono stata tagliata in due.

    O Maria, apri le tue palpebre,
    io sono nel dominio del silenzio,
    nel regno della pazzia e del sonno.
    C’è sangue qui
    ed io l’ho mangiato.
    O madre del grembo,
    sono venuta soltanto per il sangue?
    O piccola madre
    Sono dentro i miei pensieri.
    Sono rinchiusa nella casa sbagliata.”

    Buona notte, Krishel.
    Grazie

    Aglaja

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