La leggenda del vento, il ritorno di Roland Dechain

La leggenda del vento di Stephen King è di fatto l’ottavo libro della saga “La torre nera”. In realtà cronologicamente il libro si situa a cavallo tra il quarto e il quinto libro. Quando Roland Deschain, in viaggio con i suoi amici, grazie a un vecchio scopre l’arrivo dello Starkblast, una tempesta di incredibile potenza capace di congelare qualsiasi cosa al suo tocco e uccidendola, la compagnia trova rifugio in un villaggio abbandonato. Per combattere la paura e la noia, Roland racconta due storie, una racchiusa nell’altra, come matriosche. Tutte e due le storie riguardano l’infanzia di Roland. La prima narra di quando un tempo, il padre lo mandò al confine del territorio a combattere lo skin-man, la seconda, racchiusa nella prima storia, è una favola che Gabrielle Deschain, raccontava al figlio Roland quand’era bambino, solo che questa volta era Roland stesso a narrarla. (Trama presa da wikipedia) Fondamentalmente non aggiunge nulla a quanto già narrato nella saga ma, per tutti quelli che l’hanno amata, è stata una ventata di freschezza e un sapiente reimmergersi nelle vicende, nei mondi e nei colori di una storia che abbiamo amato alla follia. Due cose mi hanno reso caro subito questo libro. Il primo: la frase detta da Roland all’unico sopravvissuto di una famiglia dello skin-man. Non si è mai troppo grandi per ascoltare una storia – e in fondo è proprio quello che cerchiamo ogni volta che vediamo un film o leggiamo un libro. E senza saperlo potremmo essere noi stessi una storia fatta da chissà quale narratore. La seconda: mostrare finalmente in tutta la sua bellezza il legame tra Roland e sua madre.
P.S. Perchè ho messo l’immagine di una tigre? Leggete il libro e capirete.

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