Ieri sera, parlando con uno dei miei tanti amici sul messenger msn ho citato Escher, un’altro dei miei artisti preferiti. Ovviamente la persona non lo conoscevo e gli ho mandato un’immagine anche se diversa da questa. Sicuramente oltre agli appassionati di un certo tipo d’arte, anche i patiti di fantascienza riconosceranno questo dipinto. E per non lasciarvi con la curiosità vi metto una sua biografia. Fonti: Wikipedia (dovrebbero fare un monumento al suo inventore) e le guide di Supereva: Maurits Cornelis Escher (17 giugno 1898 – 27 marzo 1972) fu un artista e pittore olandese, conosciuto principalmente per le sue incisioni su legno, litografie e mezzetinte, che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell’infinito e motivi a geometrie interconnesse che cambiano gradualmente in forme completamente differenti. Maurits Cornelis, o Mauk come venne soprannominato, nacque a Leeuwarden, nei Paesi Bassi. Era il figlio minore di un ingegnere idraulico, George Arnold Escher, e della sua seconda moglie, Sarah Gleichman. Nel 1903, la famiglia si spostò ad Arnhem, dove egli prese lezioni di carpenteria e piano fino all’età di tredici anni. Dal 1912 al 1918, frequentò la scuola secondaria; anche se eccelleva in disegno, i suoi voti erano generalmente bassi, e dovette ripetere la seconda classe. Più tardi, dal 1919, Escher frequentò la Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem; studiò architettura per un breve periodo, ma quindi passò alle arti decorative, studiando sotto Samuel Jesserun de Mesquita, un artista con cui sarebbe rimasto in contatto, fino a quando de Mesquita, sua moglie e suo figlio vennero assassinati dai nazisti agli inizi del 1944. Nel 1922, Escher, avendo ottenuto una certa esperienza nel disegno e in particolare nell’incidere il legno, lasciò la scuola.Escher viaggiò regolarmente in Italia negli anni seguenti, e fu qui che incontrò per la prima volta Jetta Umiker, la donna che sarebbe diventata sua moglie nel 1924. La giovane coppia si stabilì a Roma dopo il matrimonio e vi restò fino al 1935. Quando il clima politico sotto Mussolini divenne insopportabile, la famiglia si trasferì a Château-d’Œx, in Svizzera, dove rimase per due anni. Escher, comunque, che traeva ispirazione e adorava i paesaggi dell’Italia, era decisamente infelice in Svizzera, così si mosse nuovamente, questa volta a Uccle, una piccola cittadina vicino a Bruxelles, in Belgio. La seconda guerra mondiale li costrinse a spostarsi un’ultima volta, nel gennaio 1941, a Baarn, in Olanda, dove Escher visse fino al 1970. La maggior parte dei dipinti più famosi di Escher risalgono a questo periodo di tempo; il freddo, nuvoloso, umido clima olandese gli permise di concentrarsi interamente sul suo lavoro, e solo nel 1962, quando dovette subire un intervento chirurgico, ci fu un periodo in cui non creò nuove immagini. Escher si spostò nel 1970 nella Casa Rosa-Spier di Laren nell’Olanda settentrionale, una casa di riposo per artisti dove poteva avere uno studio tutto per se, e li vi morì il 27 marzo 1972. L’artista olandese è, ad una prima e, come si vedrà, superficiale analisi, un geniale creatore di illusioni, di mondi ed oggetti irreali che ad una sommaria occhiata possono ingannare ed apparire reali, rivelando ben presto nascoste sorprese. Il segreto di quella che può sembrare una fantasia immaginativa fuori del comune, legata, naturalmente, ad una eccezionale capacità grafica, è in verità molto poco fantasioso, sono la matematica, la geometria, la cristallografia,passioni tanto forti in Escher quanto quella artistica. La sua attivita di grafico lo porta ad agire sul piano bidimensionale, ma è da subito evidente che il suo interesse per le caratteristiche della realtà tridimensionale è talmente forte che lo impegna a ricercare mezzi espressivi adatti a sottomettere la forma spaziale alle leggi limitative dell’immagine piana. Da questo conflitto e da questa aspirazione nascono le straordinarie opere grafiche di Escher. In verità il discorso non è così chiaro e lineare come potrebbe sembrare, perchè, in Escher, non solo siamo davanti alla straordinaria suggestione di un’immagine spaziale tridimensionale su una superficie piana, ma anche ad un ulteriore fatto insolito: in ogni rappresentazione, l’immagine costruita, guardando bene ed abbandonando precostituiti schemi mentali, è quella di una figura che non potrebbe mai avere un’esistenza spaziale concreta, secondo la logica corrente. Molte delle opere di Escher, soprattutto quelle ad impronta apparentemente decorativistica, hanno in realtà alla base il concetto matematico dell’infinito, come “Limite del cerchio III”, ad esempio, dove sono rappresentati dei pesci stilizzati, tutti della stessa forma, ma che rimpiccioliscono mano a mano che si avvicinano al bordo esterno del cerchio, incastrandosi perfettamente l’uno nell’altro e costituendo essi stessi il limite del proprio “mondo”. Ossessionato dal concetto di divisione regolare del piano, Escher studia ed inventa simmetrie di vario tipo, cercando di utilizzare la divisione del piano come mezzo per catturare e fermare il concetto di infinito, realizzando opere in cui la tassellatura può continuare indefinitamente, avendo come sfida finale il contenere l’infinito entro i confini di una sola pagina.  Alla base del suo lavoro c’ è il concetto della geometria iperbolica, lo spazio iperbolico incentrato sul modello del matematico francese Henry Poincarè, le geometrie non euclidee del matematico russo Nicolas Lobacewski e dell’ungherese Bolyai, le tassellature del piano di Roger Penrose, sintetizzate ed elaborate secondo una interpretazione personale che anticipa di qualche decennio la formulazione matematica del concetto di frattale ad opera di Benoit Mandelbrot.  Uno dei temi che più affascinò Escher fu la rappresentazione di mondi simultanei, di un mondo infinito in uno spazio finito, tema che egli traspose visivamente in numerose sue opere nelle quali sono contemporaneamente presenti due mondi, quello percepito dall’artista e quello a cui le sue percezioni non possono arrivare, pur trovandosi nello stesso posto e nello stesso momento, a ciò corrispondendo studi grafici e rigorose modellizzazioni matematiche, frutto di ricerche condotte per lunghi anni. Realizzò forse nel modo più coerente questo concetto in una sua opera, “Esposizione di stampe”, in cui è raffigurata una persona all’interno di una galleria d’arte, che sta osservando una stampa raffigurante una città marittima che, lungo i portici, ospita un negozio: il negozio è una galleria d’arte al cui interno si trova una persona che sta osservando una stampa raffigurante una città marittima………la persona è sia nell’immagine che al di fuori di essa, allo stesso tempo soggetto ed oggetto, osservatore e osservato. Il gusto della logica del paradosso permea tutta l’opera di Escher, come in questa “Realtività”, del 1953, nella quale ci vengono proposti tre diversi livelli di applicazione dello stesso paradosso: tre mondi paralleli e separati coesistono all’interno di un edificio in cui sulle pareti, sul soffitto e sul pavimento si aprono finestre e porte da cui partono scale. Sedici figure umane si muovono nell’ambiente, suddivise in tre gruppi. Ciò che per un gruppo è il soffitto, per un altro gruppo è la parete, e ciò che per un gruppo è una finestra per un altro gruppo è un’apertura nel pavimento. Diverse realtà impossibili condividono un’impossibile convivenza.

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