"Non è facile parlare di te, Jack.
Non è semplice riuscire a trasmetterti le mie emozioni e le mie sensazioni. Ma voglio provarci. Perchè mi devo sfogare ed eliminare l’immensa malinconia che mi ha catturato. Sei stato importantissimo per me, talmente importante che non riesco a sopportare l’idea di non parlarti più. Mi hai aperto gli occhi con tenera violenza e mi hai accecato con la tua forte speranza. Ti ho amato ed assaporato ogni singolo respiro, mentre il tempo inesorabile ci sottraeva momenti da condividere. Tic-Tac. Tic-Tac. La tua voce mi risuona dentro e so che non la dimenticherò tanto facilmente. Sei fuggito, sono felice per questo. Hai ingannato la morte e lasciato con un palmo di naso quelli che avrebbero voluto ammirare la tua morte. Mi piacerebbe incontrarti, un giorno. Tutta la storia della tua vita mi gira in testa e ho qui le immagini, come di un vecchio film . Tu bambino in Sardegna durante le vacanze estive, ragazzino solitario che ascoltava musica classica rinchiuso nella tua camera e che trascorre i pomeriggi con la sua prostituta (da cui poi hai avuto un figlio).. Tu pazzo d’amore per Greta, e tu in America con il tuo ristorante. Poi giungiamo ad Alcatraz e la matricola numero 3957 ci parla di amore e di morte. Il morto che cammina fa vibrare le corde arrugginite delle nostro anime e ci insegna a non arrenderci. Esordisti con "Sono qui per insegnarvi a sognare" e riuscisti nella tua impresa. Quando mi raccontasti di tua madre, all’ospedale, piansi ed ogni puntata persa per me era un supplizio. Nonno Raffaè, Papà Andrea, Lo stronzo Alberto, Bingo, Vincent Vadner Prince… Figure che non dimenticherò, nel bene e nel male. Grazie a te ho imparato a guardare il cielo e a gioirne; con te, guardando il muro, vedevo il tuo volto e nei miei sogni le tua mani mi sorreggevano. Ricordo quando mi perdonasti per i miei peccati e quando mi dicesti la fatidica frase: "Tutto è bene". Grazie, non ci sono altre parole. Ora so che il mio angelo Custode ha un nome ed è in giro per il mondo. So che mi sta chiamando per nome e che mai lo deluderò. Non tornerò più indietro, non sceglierò la via più semplice. Lotterò per tutto, se necessario, fuggirò anch’io da Alcatraz e non mi schiererò nell’esercito dei mediocri. Mai più. Le parole hanno avuto un grande effetto su un milione di persone. Vola Jack, vola. non dimenticare mai chi siamo e chi sei, non lasciare che le tue ali vengano deturpate. il mondo ha bisogno di te, gli uomini hanno bisogno di te. Ti vorrò per sempre un bene dell’anima.<br />Grazie per avere creduto, Albatros.
Alice

Questa lettera ha la bellezza di 7 anni. Era il 1999, intorno al 12 di maggio. Jack, ovviamente, è Jack Folla. Ma forse l’ovviamente è fuori luogo. Infondo sono trascorsi parecchi anni ed è stato un fenomeno quasi passeggero, anche se molto significativo. Almeno per me e per il mio amico, Fabio, che ho conosciuto proprio allora. Lu, mi ha chiesto di scrivere una genalogia del nostro giornale… Facile a dirsi, difficile a farsi.. Dietro a tutto questo c’è un perchè molto profondo. Uno scorcio di vita lontanissima, fatta di dolore e di prigionia. Anche di illusione, se volete. E di voglia di cambiare. La lettera è molto"demagogica", me ne rendo perfettamente conto. Ma all’epoca tutto era lecito… e quello stato d’animo, quella voglia di non marciare con le omologazioni (come dice Guccini… "E’ facile stare tra le tante pecore bianche ma scusate, non mi lego a questa schiera: morrò pecora nera!), è rimasto intatto. Non avrei mai immaginato, allora, che avrei cambiato due città, incontrato centinaia di persone, che sarei cambiata così tanto. ma, soprattutto, non avrei mai immaginato che Albatros fosse ancora con me, intatto ma evoluto, come ogni individuo che si rispetti. Nei primi numeri del nostro giornale, trovate in qualche modo una semplice spiegazione.  Spiegazione che potrei utilizzare anche adesso, per altro. Questo giornale nasce da una telefonata. Da un paesello in provincina di Vercelli (dove abitavo) a Reggio Emilia, dove viveva un mio allora carissimo amico, Claudio. Si parlava, come sempre, di Jack. Perchè, strano a dirsi, questo personaggio radiofonico aveva rubato i nostri cuori. Forse sarebbe meglio fare un passo indietro, che ne dite?
Un pomeriggio, dopo scuola. Sono per terra, vicino alla mia radio. Smanetto per le stazioni. All’epoca ascoltavo roba "metallara" o comunque del Rock classico. Insomma, i soliti Gn’R, Metallica, Iron e cose così. E spesso per cercare qualcosa da ascoltare, dovevo per forza circolare per tutte i programmi esistenti, cercando di evitare la "commerciale " (che guardavo con tanto snobismo.. ). A un certo punto, una voce irrompe nella mia stanza. Una voce molto bassa, profonda. Arrabbiata. "Tenetevi i vostri Bonolis e dateci I nostri Biko", diceva. Io non sapevo chi fosse Biko. E, dal basso della mia ignoranza, adoravo Bonolis. Ma… "Perchè Bonolis non lenisce il mio dolore"? Questo era uno degli interrogativi che, da quel giorno in poi, circolavano nella mia testa. La cosa spettacolare di allora, era che non si riusciva a capire se Jack Fosse un personaggio vero o falso. Ufficialmente era un prigioniero condannato a morte, in America. Penitenziario chiamato, per convenzione, "Alcatraz", ma indefinito, nella realtà. Sparava a zero su tutto. Dalla politica ai personaggi televisivi, ai clichè umani. Spesso mi vergognavo del mio modo di essere. Non ero differente in nulla dalle persone che descriveva. I televisivi, i mediocri, quelli che non Sono. I prigionieri delle barriere auto costruite. Avevo voglia di fare. Ma non sapevo propriamente cosa. Mentre vi scrivo, ho in sottofondo il cd che uscì allora. Ed ho di fronte la mia Bibbia dei tempi che furono: "Jack Folla – Alcatraz. Un Dj nel braccio della morte". Autore: Diego Cugia (che, per altro, ha scritto altri bellissimi libri che vi consiglio… "Domino" meriterebbe una recensione a parte per la sua bellezza e complessità).
"Ciao Fratelli, Vi parla Jack.. L’urlo della Folla.. Gridate!! gridate più forte che potete! Ma per chi state vivendo, Cristo? Per pagare le tasse del mutuo? C’è qualcosa che non va, lo sappiamo tutti. E non è colpa dei preti, dei professori, delle malattie… Quel qualcosa che non va siamo noi. Tutti noi, compreso te, Fratello. Siamo colpevoli della nostra infelicità e quella degli altri.  La felicità, se vuoi, è qui e ora. Afferrala, prendila e vivila.Grida: sono felice perchè sono Vivo!".. Ma Jack non era solo questo. Era anche tenerezza. Tanta tenerezza. Ricordo ancora la puntata sull’Angelo Custode.. La conosco praticamente a memoria. E, Lulu mi perdoni, ma ve la propongo, tutta. Perchè solo leggendo questo, forse, potrete capire il millesimo d’importanza che ebbe per per me..
"Dov’è il mio angelo custode, il mio portavoce? Dovrebbero averlo tutti, ma il mio non lo vedo. Mi piacerebbe uno come quelli che dipingeva Melozzo da Forlì. Angelo con la chitarra. Vorrei un Jimy Hendrix con le ali. Ma neanche gli angeli sono tutti uguali. Si sono inventati gli angeli di serie A, serie B, regionali e promozione. Scommettiamo? A chi ha la Ferrari gli hanno assegnato un serafino. Pare siano i più forti. Se avete un serafino a fianco è fatta, neppure Satana in persona vi rompe l’anima. Poi ci sono i cherubini: ogni tanto commettono una stupidaggine, ma il culo ve lo salvano sempre. Poi Troni, Principati, Arcangeli. Gli ultimi sono gli angeli, gli angeli semplici. Quelli che inciampano, arrivano in ritardo, sbagliano indirizzo. Ogni notte lo attendo, per ore…. Ma il mio angelo custode non arriva. Sapete cosa succede quando si mette a friggere un angelo sulla sedia elettrica? L’intensità di corrente sale al massimo, le ali incominciano a fumare come mille Camel accese tutte insieme, al padreterno viene un’iradiddio e nell’aria si libera profumo di incenso, i fusibili del boia saltano uno per uno e l’angelo comincia a volare. Vola l’albatro. Con le sue ali di quattro metri può andare dappertutto. Sorvola gli oceani dell’emisfero antartico, nuota nel mare agitato… E’ li con voi il vostro angelo con voi, è li con voi.. Chiamatelo semplicemente per nome. Chiamatelo Jack".
E non è forse tra i pezzi migliori. Sicuramente tra quelli che più mi sono rimasti impressi. Da Jack ho imparato l’importanza dei sentimenti, della semplicità, dell’inutilità dell’orgoglio. Solo le carezze (perchè passerà il cielo e la terra, ma certe carezze non passano mai), l’amore. Comunque vada, l’individualità. Con Jack ho conosciuto un sacco di gente. Veramente tanta. Affetto genuino da persone che stavano male e volevano uscirne fuori. Qualcuna di queste nel frattempo è cambiata, in peggio, in meglio. Fabio è l’unico rimasto, da allora. Ma è stata una fortuna per me incontrarlo e ringrazio veramente quell’ora d’aria al giorno.
Un giorno, dopo una puntata particolarmente intensa, chiamo Claudio. Come dicevo, Piemonte-Emilia.
Alice: "Hai sentito, oggi?".
Claudio: "Sì… bisognerebbe fare qualcosa.. Ma cosa?".
Alice: "pensavo ad un giornale".
Claudio sorride. Non lo vedo, ma lo so. "E come si fa?".
Io: si fa e basta.

Questa è stata la nascita. Trenta secondi di pensieri e progetti. Innanzitutto il nome. Ed Albatros è stato il concetto più chiaro nelle nostre menti…Albatros, la poesia di Baudelaire. Quella che Jack recitava, spesso ogni giorno… Ricordo ancora il finale:

Il poeta assomiglia al principe dei Nembi, l’albatros.
Avvezzo alla tempesta, si beffa dell’arciere,
ma esiliato a terra, in mezzo agli scherni,
le sue ali di gigante gli impediscon di camminare.
Non è stato facile. Non nel primo numero. Ma avevamo così tanta voglia di fare. All’epoca non sapevo scrivere. Non conoscevo nemmeno l’ortografia. Ed è uno dei motivi per cui, forse, non vedrete i numeri on-line. Ma non vi perdete molto, forse. tra l’altro, avevamo una conoscenza così effimera del mondo!! niente politica, niente socialità. Nulla. Demagogia, come la lettera iniziale. Tanto sentimento, però. E questo è bastato. In poche settimane la voce si è sparsa. Avevamo parecchi lettori. Ricordo persino il centro sociale Barattolo, che ci aveva proposto di venderlo. Ma noi, no. Non avevamo bisogno di soldi. Chi aveva internet riceveva il numero nella sua casella di posta. Quelli che non avevano il pc (ed allora era normale non possederlo) ricevevano una versione del giornale cartacea, stampata da noi e spedita per posta ordinaria. Ci credevamo davvero. E ci sentivamo davvero importanti. Utili. Finalmente liberi di mettere su carta quanto pensavamo. Era un’altra dimensione delle cose. Nel frattempo Jack Folla evadeva dalla prigione, la trasmissione finiva, io conoscevo Cugia di persona.. la trasmissione veniva riproposta, in modo televisivo. Insomma, Jack aveva un altro corso, diverso dal nostro .Noi eravamo i "Duri e puri".. Pian piano, Jack Folla diventava sempre meno protagonista della fanzine (così la chiamavamo, allora)" Alice.

3 Risposte a “”

  1. a volte ritornano…io sono egi, quello del centro sociale barattolo che vi aveva proposto di venderlo…mi ha fatto piacere ritrovarvi. adesso mi leggo il post..ciao!

  2. a volte ritornano…io sono egi, quello del centro sociale barattolo che vi aveva proposto di venderlo…mi ha fatto piacere ritrovarvi. adesso mi leggo il post..ciao!

  3. Chi dice che Jack era Jack e non Alberto, Maria o Krishel? A volte hai nostri miti diamo volti e anima…e poi ci accorgiamo che lì, proprio lì dentro c'era qualcuno a noi molto famigliare e che aveva le ali nella testa…e col suo piccolo e nel suo piccolo vola e fa volare chi gli sta accanto, foss'anche con la sua penna, come hai fatto tu stamani. Ti stringo forte piccola grande Krishel e bacio la tua anima.

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