Covid: Pieces of normalcy needed

Lo so che avevo detto che avrei chiuso il blog ma con quello che sta succedendo, in tutto il mondo, se non scrivessi qualcosa… uno sfogo, semplici osservazioni senza altro intento che constatare a me stessa che stanno accadendo… beh sarebbe molto strano no?
Credo che ci ricorderemo del 2020 come l’anno in cui è arrivato il Covid-19 e ci ha trovato tutti quanti impreparati. La sua portata infettiva e letale è stata sottovalutata da tutti quanti.
Se in futuro qualcuno leggerà alcune parole e penserà che qualcuno è stato più stupido o l’ha presa più sottogamba di altri… beh sì un po’ è vero ma neanche tanto. Nessuno prevedeva una cosa del genere e ci ha mandato a gambe all’aria. Cose che prima dell’arrivo di questo arrivo ci sembravano normali ora non lo sono più.
Non parlo di cose eclatanti. Parlo di cose minime.
Una tazzina di caffè presa al bar con un cornetto, per esempio.
Mangiare fuori, anche solo per prendere una pizza in compagnia.
Andare in biblioteca a prendere in prestito dei libri.
Farsi una passeggiata in Via XX settembre.
Fare la spesa tranquillamente.
Non aver paura di una semplice influenza. Perché esattamente erano queste le parole con cui si definiva il Covid-19: “una semplice influenza.”
Adesso tutto è cambiato.
Siamo stati chiusi in casa per più di un mese, impossibilitati a uscire se non per questioni di necessità come fare la spesa o prendere le medicine per chi è sotto terapie particolari.
E’ diventato tutto abbastanza complicato.
Alcune cose al 24.04. ancora non si trovano, come i guanti in lattice monouso.
La nuova normalità è fatta di spesa una volta la settimana con la mascherina – disinfettata ogni volta con il napisan – guanti usa e getta, code chilometriche ovunque e paura, tanta paura.
La nuova normalità è gioire se trovi un panetto di lievito – spero che un giorno rileggendo queste parole mi sembrerà alieno il fatto che possa mancare – o una bottiglia di alcool, o la riapertura del proprio macellaio di fiducia che aveva chiuso perché non aveva mascherine e guanti con cui proteggersi.
Mi viene quasi in mente un passo di Marzo 3039 di Silvestri “stanno tutti chiusi in casa, spaventati da un’idea, da un’emozione.”
Non so neanche se faccio bene a scrivere queste righe, né se le pubblicherò perché mi sento tanto sciocca. Sono fortunata, in fondo. Posso mangiare, ho un tetto sulla testa, vestiti, accesso a internet, musica, libri – la mia casa è sempre stata piena quindi anche se le biblioteche sono chiuse ho comune roba da leggere – film e serie tv da vedere.
Sono fortunata e mi ripeto che ne usciremo in qualche modo anche se non so come.
Ma pesano sull’animo sapere che invece ogni giorno ci sono più di 400 se non 500 persone che invece non ne usciranno perché sono morte.
Pesa sapere che quello che stiamo facendo è solo una precauzione, utile e necessaria, ma non vedremo la luce finché qualche scienziato non scoprirà il vaccino contro il Covid. Mai come in questi giorni sono diventata una strenua sostenitrice della vaccinazione. E’ importante, fondamentale. Perché quando manca… beh l’abbiamo visto tutti.
Però mi mancano quei piccoli tasselli di normalità.
Spero un giorno di riprendermeli con gli interessi.
In fondo la speranza è l’ultima cosa rimasta nel vaso di Pandora quando è stato scoperchiato lasciando i mali liberi di vagare per il mondo no?
Per citare la mia serie preferita, Fringe: There’s always hope, right?

Pubblicato da krishel

Appassionata di musica, cinema, letteratura, scrivo solo per passione quello che mi passa per la testa.

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