Trilogia del Ritorno

Si ringrazia Liberation from the lie per la splendida immagine.
Non ho trovato la copertina del libro e ho ripiegato su questa che credo comunque spieghi benissimo l’atmosfera dei tre libri. Perchè alla fine si tratta di un viaggio nel tempo. Avevo già letto tempo fa L’amico ritrovato, se cliccate sul titolo trovate anche la recensione che ne ho fatto allora, e chiudevo la recensione dicendo che rimanevano al lettore domande per cui era impossibile trovare risposte. Alcune di quelle risposte le abbiamo trovate nel secondo libro della trilogia, Un’anima non vile, in cui finalmente sentiamo la voce di Konradin Hohenfels attraverso una lettera trovata negli incartamenti della famiglia. Una lettere indirizzata all’amico in cui lui spiega le sue ragioni, mostra gli eventi vissuti e quell’amicizia che è sempre stata preziosa, un tradimento che non è mai stato tale. Esce fuori il ritratto di un giovane travolto dagli eventi e guidato da una mano infelice, quella della madre di Konradin, che infine non riesce ad accettare la realtà quando le si mostrerà in tutta la sua devastante crudezza. Siamo negli anni 40 e parliamo della seconda guerra mondiale e della disfatta di Hitler. Per alcune domande risposte ce ne sono altre che comunque non ne trovano. E le ultime parole di Konradin riecheggiano nella testa in tutta la sua desolante tristezza.

Il terzo volume è Niente resurrezioni per favore. Il pittore Simon Elsas ritorna nella sua città di origine, ritorna in Germania dopo essere fuggito in America per scampare alle persecuzioni naziste. Lui stesso non sa perché si trova lì. Non c’è più niente di quello che lui ricordava, i palazzi sono stati abbattuti, la gente che lui conosceva e che abitava quei posti sono morti o sono comunque invecchiati e irriconoscibili. In una caffetteria incontra per caso un vecchio compagno di scuola e viene trascinato, suo malgrado, ad una rimpatriata. Il divario tra Simon e gli altri diviene evidente e palpabile. I suoi ex compagni non possono capire cosa ha perso, non possono capire il senso di vergogna che lui ha provato per essere stato scacciato, per un’idealismo sbagliato, dalla sua terra di origine. Non possono capire che cosa ha perso in termini di vite umane. Il titolo del libro è emblematico. Ciò che è andato perduto non può più essere recuperato, né fatto rivivere. Ancora una volta Fred Uhlman ci lascia a riflettere in silenzio, a guardare attoniti il ritratto di un uomo che ormai ha perduto tutto per cui anche l’arte, quello strumento espressivo che è diventato proprio di Simon Elsas, fallisce nella sua funzione salvifica.

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