Il bambino scambiato

C’è un problema di fondo in questo libro. Il titolo, la copertina e le tre frasi che leggiamo fanno presagire tutto un altro tipo di storia. E non è certo una cosa da poco. Ti aspetteresti una classica storia di due famiglie legate da una nascita e dallo scambio di due infanti dovuto ad un errore, il tutto ambientato in Giappone. In realtà la storia va da tutt’altra parte anche se, in realtà, uno scambio c’è stato ma è un evento che viene solo accennato alla fine da uno dei personaggi che, fino a quel momento, era stato sempre tenuto in disparte.
Tutto inizia dalla mattina in cui Chikaski,  la moglie di Kogito – protagonista del libro e sicuro alter ego dell’autore – lo sveglia bruscamente per annunciargli che il suo amico di infanzia Goro, un famoso regista giapponese di fama internazionale, si è suicidato.
Da  quel momento parte un viaggio al ritroso nel tempo, attraverso le cassette registrate da Goro, cercando di determinare con certezza gli eventi del passato. Il libro si trasforma in una profonda riflessione sulla vita e, di fatto, una sorta di rappresentazione dei vari stadi di rielaborazione del lutto. Avevo fatto menzione poco prima di uno scambio. E’ la stessa Chikaski, sorella di Goro e moglie del protagonista, illuminata dalle illustrazioni di un libro che trova per caso nella valigia del marito di ritorno da una serie di lezioni a Berlino, che finalmente dipana la matassa della verità.
Viene fatta menzione del mito del changeling, ossia dei rapimenti di bambini fatti da esseri sovrannaturali sostituendole con bambini di ghiaccio. Un evento poco chiaro avvenuto sia a Kogito sia a Goro nella loro adolescenza, durante la loro permanenza in una sorta di setta di appannaggio della famiglia del primo. Per molto tempo questo evento non è stato raccontato. Non è chiaro se il motivo fosse la gravità dell’evento in se, o altro. Non si sa la verità e forse alla fine non importa davvero.
Quel che importa è che da quell’evento Goro non è stato più lo stesso. C’è stata una sorta di perdita di innocenza e del proprio spirito puro che Chikaski ha vissuto per molto tempo quasi come una sorta di scambio. Il fratello che era tornato da quei giorni non era più lo stesso ma un nuovo progetto, un nuovo film, stava per riallacciare il regista a questa parte di se dimenticata se non fosse che, da li a poco, si sarebbe suicidato.
Il libro finisce con una lieve nota di speranza. Come se una nuova nascita possa in qualche modo dare la reale possibilità che Goro rinasca davvero a se stesso, puro come all’inizio.
Dicevo che il problema sta proprio nel titolo e nelle aspettative che uno può farsi sulla storia. Mi aspettavo un libro profondamente diverso da quello che ho letto. Non si sono sprecati i paragoni con gli altri autori giapponesi che ben conosco. Lo stile è radicalmente diverso. Non c’è quella soave levità della Yoshimoto nel raccontare anche eventi terribili nè il tratto onirico di Murakami che permea le sue opere.
A tratti l’ho trovato decisamente pesante.
Era il mio primo libro di Kenzaburo Oe e dubito che ne leggerò altri.

Una risposta a “Il bambino scambiato”

  1. I titoli fuorvianti sono un gran danno cara.Rovinano le aspettative.I giapponesi, purtroppo, sanno essere molto pesanti.Manca in alcuni di loro quel tocco di ironia che contraddistingue gli autori da te citati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.