Her

We all get really good at pretending that the loneliness isn’t there and then something comes along to remind us…

Quella è una frase che viene detta in un video promozionale della 4a stagione di Fringe da Olivia Dunham e per tutta la durata del film è riecheggiata alla mente. Siamo tutti molto bravi a fingere di non essere soli e poi succede qualcosa che ce lo ricorda.
In un futuro prossimo la tecnologia permette alle persone di mantenersi costantemente in contatto col computer di casa tramite auricolari, comandi vocali e dispositivi video tascabili. Theodore Twombly, un uomo solo e introverso, di professione elabora accorate lettere per conto di altri, dettandole al computer. Infelice per il divorzio con Catherine, sua compagna sin dall’infanzia, Theodore cerca di distrarsi dedicandosi al lavoro, cimentandosi in videogiochi e frequentando chat telefoniche. Attratto da uno spot pubblicitario decide di acquistare un nuovo sistema operativo, “OS 1”, basato su un’intelligenza artificiale in grado di evolvere, adattandosi alle esigenze dell’utente. Dopo alcune domande iniziali dovute per l’installazione del sistema operativo, Theodore sceglie una voce femminile che si da il nome di Samantha. Samantha è esattamente quanto viene promesso: un’intelligenza artificiale capace di adattarsi e di interagire con gli esseri umani evolvendosi passo passo di secondo in secondo. Interpretata dalla splendida Scarlett Johannson che fa un lavoro monumentale. Voi sentite la sua voce ma in realtà, se chiudete gli occhi, potreste tranquillamente vederla agire, respirare, muoversi, sorridere o piangere. E’ reale. La continua evoluzione dei sistemi operativi porta però al superamento del rapporto con gli esseri umani. Noi siamo inevitabilmente finiti, racchiusi in un guscio con i nostri limiti e le nostre imperfezioni che ovviamente un’intelligenza artificiale non ha.
Il film si chiude in maniera molto triste eppure in un certo senso mi ha lasciato dentro un senso di speranza.


Noi esseri umani siamo effimeri e limitati ma forse abbiamo ancora la capacità di ritrovarci con i nostri simili, con chi ha condiviso la nostra stessa esperienza. Un’esperienza che sicuramente ha arricchito interiormente Theodore.
Questo film mi ha lasciato dentro sensazioni contraddittorie. Un po’ mi ci sono rivista in Theodore, interpretato da uno splendido e intenso Joaquin Phoenix, nella sua timidezza, nella sua incapacità di relazionarsi con il prossimo e di vivere relazioni che altri definirebbero normali. Mi sono rivista nella sua solitudine, nella sua fragilità. E ancora adesso non riesco a dipanare il bandolo della matassa di ciò che ho sentito. Her è un film non per tutti. Come nella fantascienza più classica è ambientata in un futuro che però può essere tranquillamente il presente e scava a fondo nell’animo umano facendo una profonda critica sociale e umana. E’ anche un film di una poesia unica e dolente. Se potete, vedetelo in lingua originale. Mi ringrazierete.

P.S. Riflessione puramente femminile: trovo decisamente più affascinante Phoenix imbruttito, ma con uno sguardo davvero folgorante, di millemila cosiddetti sex symbol con la tartaruga scolpita e i muscoli in bella mostra. L’ho detto? L’ho detto.

Una risposta a “Her”

  1. Mi è difficile riuscire a farti un bel commento cara. Sei stata molto brava a recensire un film difficile, non per tutti, molto emozionante, che usa la parola come mezzo per costruire dei rapporti. La Johansson è stata veramente eccezionale, non si è fatta mai vedere, eppure grazie alla sua voce e al suo modo di usarla, mai banale, mai affettato, ma più vero del vero, siamo riusciti a vederla. Altrettanto bravo concordo Joaquin Phoenix, un uomo solo, dal fragile equilibrio, capace però di apprezzare le cose belle della vita, di poter vedere l'infinito di cui parlava Samantha e di sapere chiedere scusa davvero e non è poco. Gran bella recensione tesora. Capisco cosa intendi quando dici che ti identifici in Theodoro. Bacioni

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