Calenda o Samhain, e’ il capodanno pagano. Fine dell’estate e inizio dell’inverno per i Celti, ovvero fine e inizio del nuovo anno… il passaggio forse piu’ importante. Questa festa viene anche considerata la terza ed ultima festa del Raccolto. In questo avvenimento, la Dea si addormenta e lo scettro passa al Dio, ormai vecchio e in declino, nella stagione invernale. Anche la natura sembra morire, ma si ridestera’ la stagione successiva, tornando alla vita insieme alla Dea.
Per alcune tradizioni, la Dea non si addormenta, ma discende nella terra, lontana dalla luce, assumento l’aspetto oscuro che caratterizzera’ l’inverno. In altre tradizioni, questa celebrazione corrisponde alla "morte" del Dio, che rinascera’ poi al Solstizio d’Inverno, dal grembo della Dea. La Calenda o Samhain e’ un momento di riflessione interiore, di abbandono del vecchio e di preparazione al rinnovamento. Ci fermiamo, riflettiamo su cio’ che abbiamo compiuto durante l’anno, e cosi’ facendo guardiamo a quello che verra’. Come la natura si spoglia, s’arresta e si addormenta, altrettanto faremo noi, utilizzando questo sonno rigeneratore per prepararci ad affrontare la nuova vita e il nuovo ciclo. La notte di questa festa e’ inoltre il momento dell’anno in cui le "divisioni" tra i piani di realta’ si assottigliano, e il contatto tra questi e’ piu’ intenso. Anche per questo nel passato si riteneva che in questa notte, gli spiriti dei defunti tornassero a camminare sulla terra, e a fare visita ai vivi. Anticamente infatti si mettevano fuori casa luci e lanterne ad indicare il cammino agli spiriti. Il giorno dei morti fu ufficialmente collocato alla data del 2 Novembre nel X sec. d.c. circa, praticamente fondendosi con il 1 Novembre, gia’ festa di ognissanti dall’anno 853, per sovrapporsi alle piu’ antiche celebrazioni di quei giorni. (vedi anche Samhain / Calenda / Halloween alla sezione "Feste") Tra il popolo comunque, le vecchie abitudini furono adattate alla nuova festa e al suo mutato significato, mantenendo la credenza che in quei giorni i defunti potevano tornare tra i viventi, vagando per la terra o recandosi dai parenti ancora in vita.<br />In tutta italia si possono ancora oggi ritrovare gesti e pratiche tradizionali per la celebrazione di queste feste.
Queste tradizioni sono le vestigia delle pratiche rituali delle antiche religioni, sopravvissute sotto forma di superstizione o trasformate ed adattate alla religione cristiana.
Nelle citta’ con l’avvento del progresso queste tradizioni sono praticamente scomparse; ma nei paesi e soprattutto in meridione, sono ancora vive, anche se sovente ripetute quasi per abitudine, senza memoria del significato originale.
In quasi tutte le regioni possiamo trovare pratiche e abitudini legate a questa ricorrenza. Una delle piu’ diffuse era l’approntare un banchetto, o anche un solo un piatto con delle vivande, dedicato ai morti. In alcune regioni, come il Piemonte, si soleva per cena lasciare un posto in piu’ a tavola, riservato ai defunti che sarebbero tornati in visita.
In Val d’Ossola sembra esserci una particolarita’ in tal senso: dopo la cena, tutte le famiglie si recavano insieme al cimitero, lasciando le case vuote in modo che i morti potessero andare li’ a ristorarsi in pace. Il ritorno alle case era poi annunciato dal suono delle campane, perche’ i defunti potessero ritirarsi senza fastidio.
In Sardegna, dopo la visita al cimitero e la messa, si tornava a casa a cenare, con la famiglia riunita. A fine pasto pero’ non si sparecchiava, lasciando tutto intatto per gli eventuali defunti e spiriti che avrebbero potuto visitare la casa durante la notte. Prima della cena, i bambini andavano in giro per il paese a bussare alle porte, dicendo: <<Morti, morti…>> e ricevendo in cambio dolcetti, frutta secca e in rari casi, denaro.
In Calabria, nelle comunita’ italo-albanesi, ci si avviava praticamente in corteo verso i cimiteri: dopo benedizioni e preghiere per entrare in contatto con i defunti, si approntavano banchetti direttamente sulle tombe, invitando anche i visitatori a partecipare.
In Puglia, la sera precedente il due novembre, si usa ancora imbandire la tavola per la cena, con tutti gli accessori, pane acqua e vino, apposta per i morti, che si crede tornino a visitare i parenti, approfittanto del banchetto e fermandosi almeno sino a natale o alla befana.
Passando ad altre tradizioni, ma rimanendo in puglia, ad Orsara in particolare, la festa veniva (e viene ancora chiamata) Fuuc acost e coinvolge tutto il paese. Si decorano le zucche chiamate Cocce priatorje, si accendono falo’ di rami di ginestre agli incroci e nelle piazze e si cucina sulle loro braci; anche qui comunque gli avanzi vengono riservati ai morti, lasciandoli disposti agli angoli delle strade.
In Sicilia c’e’ l’usanza di preparare doni e dolci per i bambini, ai quali viene detto che sono regali portati dai parenti trapassati. I genitori infatti raccontano ai figli che se durante l’anno sono stati buoni e hanno recitato le preghiere per le anime dei defunti, i "morti" porteranno loro dei doni.
In Emilia Romagna nei tempi passati, i poveri andavano di casa in casa a chiedere "la carita’ di murt", ricevendo cibo dalle persone da cui bussavano.
A Bormio in Lombardia invece, la notte del 2 novembre si era soliti mettere sul davanzale una zucca riempita di vino.
In Veneto le zucche venivano svuotate, dipinte e trasformate in lanterne, chiamate lumere: la candela all’interno rappresentava cristianamente l’idea della resurrezione.
Anche in Abruzzo si decoravano le zucche, e i ragazzi di paese andavano a bussare di casa in casa domandando offerte per le anime dei morti, solitamente frutta di stagione, frutta secca e dolci. Questa tradizione e’ ancora viva in alcune localita’ abruzzesi.
Dolci tradizionali per la festa dei morti
In alcune regioni ci sono dei dolci e delle cibarie fatte appositamente per la festa dei morti. Questi cibi, anche se appartenenti alla tradizione cristiana, hanno spesso un origine precedente. Dolci e pani antropomorfi per scopi rituali, ad esempio, esistevano già al tempo dei Romani.
In Sicilia troviamo la mani, un pane ad anello modellato a forma di unico braccio che unisce due mani, e il pane dei morti, un pane di forma antropomorfa che originariamente si suppone fosse un’offerta alimentare alle anime dei parenti morti.
In Lombardia abbiamo invece gli oss de mord, o oss de mort, fatti con pasta e mandorle toste, cotti al forno, di forma bislunga, con vago sapore di cannella.
A Comacchio c’e’ invece il punghen cmàciàis, il Topino Comacchiese, dolce a forma di topo preparato in casa. Mi preparo in piccolo anticipo anche perchè non so se domani riuscirò ad occuparmi del blog visto che sarò in preparazione. Quindi un buon Samhain a tutti i miei fratelli e le mie sorelle. E se avete qualche tradizione particolare per Ogni Santi di cui volete parlarmi fatelo nella sezione commenti. Io lo girerò sul blog.

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