A single man

Fermate gli orologi, tagliate i fili del telefono e regalate un osso al cane, affinché non abbai. Faccia silenzio il pianoforte, tacciano i risonanti tamburi, che avanzi la bara, che vengano gli amici dolenti. Lasciate che gli aerei volteggino nel cielo e scrivano l’odioso messaggio: lui è morto. Guarnite di crespo il collo bianco dei piccioni e fate che il vigile urbano indossi lunghi guanti neri. Lui era il mio nord, era il mio sud, era l’oriente e l’occidente, i miei giorni di lavoro, i miei giorni di festa, era il mezzodì, la mezzanotte, la mia musica, le mie parole. Credevo che l’amore potesse durare per sempre. Be’, era un’illusione. Offuscate tutte le stelle, perché non le vuole più nessuno. Buttate via la luna, tirate giù il sole, svuotate gli oceani e abbattete gli alberi. Perché da questo momento niente servirà più a niente.
Wystan Auden

Per tutta la durata del film mi sono riecheggiate in mente le parole di questa poesia. A single man è ambientato nel 1962 e ci racconta la giornata di George Falconer, insegnante di letteratura inglese, omosessuale che si trascina dolente nella sua routine fatta di compiti, di volti, di parole dette e taciute. Una vita fatta di apparenza con un personaggio da interpretare nell’impossibilità di essere semplicemente se stessi. La vita di George cambia e perde di significato la notte in cui riceve la telefonata fatale in cui viene a sapere che Jim, il suo compagno da 17 anni, è morto in un incidente stradale. La loro relazione era stata osteggiata in modo acceso dai genitori di Jim e George non ha la possibilità di accompagnare il suo amato nell’ultimo viaggio, gli viene negata la possibilità di partecipare ai funerali perché considerato non della famiglia.
Niente servirà più a niente… Colin Firth è perfetto nel restituirci il ritratto di quest’uomo schiantato nel dolore, che si trascina stanco anche a causa di problemi al cuore, un uomo che ha un solo scopo: farla finita, raggiungere il suo amato nell’aldilà. Tom Ford, il regista è un’artista, un reale artista. Il suo senso estetico è trasposto nella sua pellicola giocando con i chiari scuri: i colori tenui e slavati quando George si trascina nella sua quotidiana recita si trasformano e diventano accesi quando assistiamo a piccoli momenti in cui i suoi sentimenti sembrano riaccendersi e farsi vividi. Il passato ci arriva in tutta la sua forza, in bianco e nero. E che dire di Julianne Moore, intensa e fatale Charlotte, amica di George che non si è rassegnata al fatto che tra loro due non possa esserci altro che amicizia, un donna viziata che si crogiola nel commiserarsi per aver fallito come moglie e come madre.
La vita però ha i suoi strani tempi e la sua strana logica. La vita dona e la vita toglie…
Ho trovato delizioso vedere il film chiudersi in modo analogo a come è iniziato. A dir la verità è una delle cose che preferisco di più sia nei libri sia al cinema, rende a chi vive la storia una sorta di compiutezza. La scena iniziale in cui George si trova nel luogo dove Jim è morto – il biancore della neve che contrasta con il rosso del sangue e quel bacio a fior di labbra carico di amore e di dolore – trova il corrispettivo speculare nel finale. Un finale straziante. Ammetto candidamente di essere scoppiata a piangere. Film consigliato alle anime sensibili.

Nella vita ho avuto momenti di assoluta chiarezza,
quando per pochi, brevi secondi, il silenzio soffoca il rumore
e provo un’emozione invece di pensare
e le cose sembrano così nitide
e il mondo sembra così nuovo.
E’ come se tutto fosse appena iniziato.
Non riesco a far durare questi momenti,
io mi ci aggrappo,
ma come tutto svaniscono.
Ho vissuto una vita per quei momenti,
mi riportano al presente
e mi rendo conto che tutto
è esattamente come deve essere…

Fonte: http://giornaleapollo.it/26030/single-man-i-pareri-sezione-cinema/

2 Risposte a “A single man”

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